Page 65 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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PRIMA GUERRA MONDIALE 65
Esercito rivolgevano ai prigionieri degli Imperi centrali, vestiti in uniformi con insegne italia-
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ne. Saputa la cosa, il generale Diaz si preoccupò di far dare la massima pubblicità a questa
notizia, «ponendo in evidenza il pericolo a cui andrebbe incontro qualsiasi militare che venisse
catturato con indumenti in uso negli eserciti nemici». 109
Questa informazione – oltre al fenomeno delle reciproche fucilazioni dei prigionieri in abiti
nemici – riveste una grande importanza per la nostra trattazione. Rende noto come nelle trincee
italiane, quanto meno dopo la ritirata di Caporetto, era abitudine indossare anche gli Stalhelm
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come gli imperiali facevano con i modelli 15 e 16, per deficienze interne. Per il caso italiano
le ragioni possono essere varie. Si può azzardare l’ipotesi che fossero più resistenti oppure che
in mancanza d’altro, pur di coprirsi la testa, si usava tutto ciò che si trovava, non curandosi però
del rischio che, una volta visti o catturati dal nemico, la morte diveniva quasi certa. Secondo
Ferruccio Botti, gli elmetti metallici perduti dalla 3ª Armata nella ritirata dall’Isonzo al Piave
(ottobre-novembre 1917), furono 7.400, che probabilmente sono andati a coprire le teste dei
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militari austro-ungarici di seconda linea.
Un’altra testimonianza importante ci viene fornita dallo stesso comando della 3ª Armata, che
produsse un documento molto interessante nel giugno del 1917. In esso si precisava che
108 Comunicato Stefani del 12/11/1917 citato in AUSSME, B3, b. 46, f. 139, foglio 4094 del Comando della 3^
Armata del 6/12/1917.
109 F. Botti, La Logistica dell’Esercito italiano (1981-1981). Volume II, op. cit., p. 922.
110 P. Cocianni, Gli elmetti di preda bellica riutilizzati dagli austro-ungarici durante la prima guerra mondiale,
in www.isonzo-gruppodiricercastorica.it
111 AUSSME, B3, b. 46, f. 139, documento 4094 del Comando della 3^ Armata del 6/12/1917.

