Page 142 - Il sogno del volo - Dalla Terra alla Luna. Da Icaro all'Apollo 11
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la metallurgia dell’epoca forniva
                                                                                             leghe in grado di sopportare quei
                                                                                             rigidissimi cimenti. Si optò allora
                                                                                             per una soluzione diversa: le si
                                                                                             realizzò cave ed al loro interno
                                                                                             venne inglobato del mercurio,
                                                                                             che  movendosi  di  continuo  per
                                                                                             gli scuotimenti della valvola stes-
                                                                                             sa ne distribuiva il calore anche
                                                                                             al gambo, contribuendo a raf-
                                                                                             freddarle. In seguito si optò per il
                                                                                             sodio metallico o sali di litio, che
                                                                                             fondendo facilmente trasferivano
                                                                                             il calore dal fungo delle valvole
                                                                                             allo stelo, rafreddandole .
                                                                                                                   20
                                                                                               Anche per i motori a V si regi-
                                                                                             strano migliorie, in particolare su
                                                                                             di uno statunitense, posto in pro-
                                                                                             duzione nel 1917, con 12 cilindri
                                                                                             a V che arrivò ad erogare 426 CV,
                                                                                             con soltanto 380 kg di peso. Sarà
                                                                                             prodotto in almeno 10.000 esem-
                                                                                             plari e dal momento che alla fine
                                                                                             del conflitto, i depositi militari ne
                                                                                             immisero sul mercato un gran nu-
                                                                                             mero a prezzi stracciati, assurse
                                                                                             a motore per antonomasia negli
                                                                                             anni successivi. Una spinta decisi-
                                                                                             va all’avanzamento dei motori in
                                                                                             linea fu data in quegli stessi anni
                                                                                             dalla Coppa Schneider riservata
                                                                                             agli idrocorsa dalle prestazioni
                                                                                             esasperate. L’Italia non si sottrasse
                                                                                             al confronto, sebbene nel settore
                                                                                             non disponesse di una tecnologia
               to di raffreddamento e del liquido refrigerante. Ed anco-  avanzata. Ed il 3 novembre del 1926 De Bernardi, alla velo-
               ra migliore il motore J-1 prodotto l’anno precedente da   cità media di 396.7 km/h, assicura con il suo Macchi M.39
               Charles Lawrance, uno stellare di nove cilindri di appena   la vittoria all’Italia. Più che al motore ed al pilota il successo
               216 kg capace di erogare 230 CV. Sarà l’archetipo di tutti   deve attribuirsi alla felicissima forma aerodinamica dell’ap-
               i motori a stella singola o doppia prodotti da Wright. Su   parecchio, un anticipo del futuro. La rilevanza del successo
               di esso compaiono per la prima volta le valvole di scarico   merita questa breve digressione.
               raffreddate, soluzione che finalmente risolse il problema
               principale di tutti i motori d’aviazione.
                 Il loro impiego, infatti, a differenza di quella per auto-  20  Cfr. g. Ferrari, Motori a combustione interna, Bologna 2016, p.
               trazione, avviene per tempi molto lunghi e sempre ad alto   608.
               regime, per cui la temperatura raggiunta dalle valvole di   In alto: il mitico motore J-1 Lawrance, che con appena 216 kg di peso
               scarico, continuamente immerse in un flusso di gas roven-  era in grado di erogare 230 cv di potenza.
               ti, le avariava rapidamente,  comunque fossero  fatte. Né   Nella pagina a fianco: poster della Coppa Schneider del 927.






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