Page 69 - Il sogno del volo - Dalla Terra alla Luna. Da Icaro all'Apollo 11
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1846, da Gay Lussac e Biot che raggiunsero i 4000 m di al-
tezza. Nel frattempo gli incidenti di volo anche dai sempli-
ci palloni, quasi sempre con esiti tragici, si incrementarono
esponenzialmente incentivando se non l’invenzione alme-
no il perfezionamento di uno strumento notoriamente in
grado di frenare la caduta, rendendola innocua, del quale
già da molti secoli se ne erano disegnate le connotazioni:
il paracadute. Inizialmente però non fu adottato per uso
individuale, riservandosi ad accessorio di sicurezza delle
mongolfiere
Il paracadute
Un paracadute sicuramente affidabile comparve e si
evolse come accessorio degli aerostati a partire dagli ultimi
scorci del XVIII secolo, e solo in un secondo momento, se
ne differenziò un modello per uso individuale, da cui in
ultima analisi era derivato. In assoluto non fu un’idea stra-
ordinariamente acuta: chiunque abbia avuto tra le mani un
ombrello aperto ha notato la resistenza che esercita quan-
do si lo tiri con rapidità, resistenza che cresce con la sua
grandezza. Dal momento, però, che l’invenzione dell’om- Al pari di Leonardo, anche Fausto Veranzio, 1551-1617,
brello, al di là della ben nota battuta, si perde nella notte si interessò del paracadute, disegnandone un prototipo più
dei tempi queste conclusioni vanno considerate acquisite razionale dei precedenti, che descrisse in questi termini:
già agli albori della storia, sia in Occidente che in Oriente
Dedurre pertanto le dimensioni minime che un ombrello “Piglisi una vela quadra, quale sia distesa tra quatro perti-
avrebbe dovuto possedere per frenare una caduta da rile- che eguali, e con le funi vi s’attachi l’huomo à i quatro can-
vante altezza al punto da renderla innocua, deve collocarsi toni di quella vela, che senza alcuno pericolo posia gettarsi
nello stesso ambito cronologico. Improbo, invece, stabilire d’una Torre, ò da ogni altro loco eminente: e venir a basso
a cosa mai potesse servire uno strumento del genere se non e se benè in quell’hora, non spiri vento alcuno tuttavia
per esibizioni di acrobati, e non a caso sempre in Cina si l’impeto istesso de’ l’Homo cadente, eccitarà è cagionanrà
trova menzione di lanci da alte torri con ombrelli paraca- il Vento, quale ritardarà la vela, si che non precipiti, mà
dute già intorno al mille. Temerarietà che dimostra al con- descenda à poco à poco; Fa però di mestiero commensura-
tempo sia l’efficacia dello strumento, sia la sua inutilità, re il peso del’homo con la grandeza de la vela” .
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non essendo adottabile in alcun altro contesto. Situazione
che si ripropone nella sua paradossale evidenza sul finire Ostentando una assoluta fiducia in quella sua invenzio-
del Medioevo allorquando, alcuni tecnici prima e lo stesso ne, osò verificarne di persona il funzionamento lanciando-
Leonardo poi, si cimentarono più che sulla sua forma sul si, stando ad alcune fonti nel 1617 all’età di 66 anni, poco
suo dimensionamento ottimale. Scriveva infatti Leonardo: prima quindi della sua morte, dal campanile di San Marco
a Venezia, (o da una torre) senza subire conseguenze di
“se un uomo ha un padiglione di panno intasato, che sia sorta. La notizia che suscitò una discreta eco tra le cro-
di 12 braccia per faccia e alto 12, potrà gittarsi d’ogni
grande altezza senza danno di sé” .
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19 Da F. VerAnzio, Machinae novae, Venetiis 1616, testo italiano p. 14.
Nella pagina a fianco: il disastro dell’Hindenburg.
18 La citazione è una didascalia del foglio 381 v del Codice Atlanti- Sopra: il paracadute schizzato da Leonardo nel fol. 381 v del Codice
co, a fianco dello schizzo che ritrae un paracadute piramidale. Atlantico.
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