Page 134 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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134                   l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943

           Conclusioni

              All’epoca della guerra italo-turca l’unica esperienza del Regio Esercito in materia di con-
           troguerriglia risaliva agli anni ormai lontani della lotta al brigantaggio in Italia meridionale
           negli anni Sessanta dell’Ottocento. Quando si pose il problema di dare concretezza al pos-
           sesso formale dei territori della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan, confrontandosi
           con la cruda realtà della guerriglia araba e berbera, tutto doveva quindi essere inventato.
           Se all’inizio la risposta fu casuale e disorganizzata, con risultati inevitabilmente mediocri
           se non disastrosi, in un secondo tempo i vertici militari riuscirono ad attuare una strategia
           che individuava quale centro di gravità la popolazione. Si comprese infatti molto presto
           che la sottomissione, più o meno convinta, delle tribù avrebbe privato gli insorti delle loro
           fonti di alimentazione e dell’indispensabile spazio di manovra. Si fece quindi il possibile
           per indurle ad abbandonare la causa dei ribelli, sia ricorrendo alle lusinghe sia facendo leva
           su atavici contrasti, e quando questo non era sufficiente intervenendo con spietata durezza,
           ricorrendo poi al trasferimento forzato delle popolazioni e alla costruzione di una barriera
           di filo spinato lungo il confine egiziano per privare i guerriglieri di tutte le loro fonti di
           alimentazione, interne ed esterne.
              Nei deserti della Cirenaica e del Fezzan si comprese a fondo l’importanza dei reparti
           indigeni organizzati e strutturati in funzione delle caratteristiche dell’avversario e del terri-
           torio: sahariani, savari, meharisti, spahis, insieme agli ascari eritrei, furono lo strumento che
           avrebbe portato a termine la “riconquista”, operando in modo perfettamente integrato con
           i mezzi meccanici, l’autoblindo e soprattutto il velivolo, che avevano dato ottima prova sui
           campi di battaglia della Grande Guerra e che in colonia si sarebbero dimostrati spesso deci-
           sivi. A condurre le operazioni furono ufficiali in grado di adattarsi a condizioni ambientali
           estreme, con responsabilità che, acquistando un significato politico, andavano spesso oltre
           le loro funzioni di comando e si dimostrarono in grado di guidare in combattimento re-
           parti molto diversi da quelli che avevano portato alla vittoria nella guerra contro l’Austria-
           Ungheria. Dopo nove anni e infinite traversie, il Regio Esercito ottenne un indiscutibile
           successo, ma esso, conquistato villaggio per villaggio, oasi per oasi, costò molto caro alla
           popolazione libica. E’ la tragedia della guerriglia e della controguerriglia, una forma di
           conflitto in cui è sempre molto difficile, se non impossibile, distinguere i combattenti dai
           non combattenti e che, inasprendo gli animi, può purtroppo portare ad accantonare ogni
           sorta di scrupolo.

















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