Page 24 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           Si costituirono così nelle province napoletane bande numerose e agguerrite, a cui aderirono
           ex militari, renitenti, disertori, evasi dalle carceri, scontenti: una volta riunitesi, si ingros-
           sarono nei boschi e sulle montagne, sorrette dalle popolazioni rurali che provvedevano a
           rifornirle di viveri, vestiario e di quant’altro necessario per darsi alla macchia. Rancore di
           funzionari licenziati, tributi nuovi e gravosi, carovita, disordine amministrativo, oltre alla
           promessa del re in esilio di rivedere la ripartizione delle terre demaniali: tutto contribuì ad
           alimentare la rivolta e a convogliare masse sempre più numerose verso una reazione.
              Bande armate bloccavano le strade, impedivano il traffico, occupavano interi territori,
           rendendo impossibile il lavoro e la vita nelle campagne. E poiché proclamavano la difesa
           del trono e dell’altare, ebbero il sostegno del clero che elevava preghiere per la vittoria delle
           loro armi. Così favorito, il brigantaggio raggiunse punte di notevole violenza, gettò nell’a-
           narchia le province napoletane, mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa dello Stato
           unitario .
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           Composizione e natura delle bande

              Un’indagine storico-militare diretta a conoscere i principali aspetti tecnico-operativi
           della lotta al brigantaggio non può prescindere da un esame preliminare su caratteristiche
           e modalità d’azione delle bande. Occorre subito precisare che, di massima, l’azione nel
           napoletano si manifestò in forme atipiche rispetto ai modelli di guerriglia prodotti dalle
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           esperienze rivoluzionarie della prima metà del XIX secolo . Mancò infatti una direzione
           unitaria nell’impiego di dette forze che, di massima, agirono d’iniziativa, in territori ben
           circoscritti e senza un effettivo collegamento fra di loro. Tuttavia, due furono i poli di
           maggior virulenza ed espansione del brigantaggio, attorno ai quali il fenomeno riuscì a
           raggiungere una certa omogeneità e unitarietà: la vasta area operativa che ebbe come epi-
           centro la Basilicata con robuste ramificazioni nelle province limitrofe e l’altra, gravitante
           sulla frontiera pontificia. Ciò spiega perché proprio in queste regioni la lotta assunse aspetti
           più aspri e persistenti, e il suo sradicamento richiese poi l’impiego di ingenti forze militari.
              Nello sviluppo del fenomeno è possibile individuare tre fasi distinte che influenzarono
           in misura diversa la condotta delle operazioni militari.
              La prima fase si sviluppò fra la fine del 1860 e il 1861, e fu caratterizzata da masse
           brigantesche che assunsero il ruolo di unità combattenti di una guerra legittima e diretta
           ad abbattere il regime unitario e restaurare la deposta dinastia. Essa vide la saldatura fra
           insorgenza sociale e riscossa legittimistica, per cui il brigantaggio riuscì a mettere in campo
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           formazioni massicce di armati e insorti . Le bande più grosse, a struttura spiccatamente

           9  Cfr. luiGi tuccari, Il Brigantaggio nelle province meridionali dopo l’unità d’Italia (1861-1870), Lecce,
              Istituto per la storia del Risorgimento italiano comitato di Lecce, 1982, pp. 57-59.
           10  G. Ferrari, Una memoria inedita di A. F. della Marmora nel 1844, in Memorie Storiche Militari, Uf-
              ficio Storico dello S.M.E., Roma, Officina Poligrafica Editore, 1912.
           11  L’occupazione da parte del colonnello borbonico Lagrange di Cittàducale ed Antrodoco, i combat-
              timenti di Arielli e Tagliacozzo il 13 gennaio 1861, la conquista da parte dell’esercito italiano il 20

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