Page 27 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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GuerriGlia e controGuerriGlia nell’italia meridionale. il Grande briGantaGGio post-unitario (1860-1870) 27
Modalità d’azione
I briganti agivano con i sistemi classici della guerriglia: colpire il nemico dove è più
debole, ricercare la sorpresa, condurre l’azione con rapidità, violenza e spregiudicatezza,
sfruttando le condizioni favorevoli del terreno e l’appoggio delle popolazioni.
Si trattò in effetti di una forma di lotta da parte di elementi - contadini, pastori, ex
militari - abituati a vivere e a muoversi in terreni aspri, coperti da boschi e privi di vie di
comunicazione, una guerriglia tipicamente locale, nata nelle particolari condizioni socio-
politiche e topografiche dell’Italia meridionale e che assunse l’aspetto di unica componente
militare di un movimento di resistenza contro un occupazione straniera che aveva la sua
base nello Stato pontificio .
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Le tattiche più comuni riguardavano le invasioni di paesi con assalto alle sedi della guar-
dia nazionale per il rifornimento di armi e munizioni, il saccheggio delle case dei liberali, le
ritorsioni nei confronti dei delatori, gli attacchi a diligenze e corrieri postali, le imboscate
contro piccoli distaccamenti, i sabotaggi, le devastazioni di masserie e proprietà private,
le requisizioni di cavalli e bestiame. Tali azioni erano improntate alla massima mobilità,
flessibilità ed aggressività: le bande si riunivano e si disperdevano con rapidità a seconda
delle esigenze dei combattimenti; sottraendosi al contatto in caso d’insuccesso e ripiegan-
do su itinerari dove l’inseguimento era praticamente impossibile. La tattica utilizzata subì
sostanziali modifiche nel tempo, poiché nella prima fase insurrezionale questa fu spesso
improntata a forme di attacco sistematico secondo gli schemi in uso nell’esercito borbonico
- come la conquista di Carsoli e Tagliacozzo nel gennaio 1861 e il 6 febbraio, il tentativo
infruttuoso di liberazione dall’assedio di Civitella del Tronto - mentre divenne più elastica
e più aderente ai modelli di guerriglia nelle fasi successive. Superata la fase insurrezionale, le
medie e piccole bande evitavano di impegnarsi con i robusti dispositivi mobili dell’esercito,
ma non esitavano ad attaccare i piccoli distaccamenti mirando all’annientamento, accer-
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chiando i reparti e costringendoli ad arrendersi per poi massacrarli . In marcia, le grosse
bande procedevano con un’avanguardia e una retroguardia secondo i canoni più rigorosi
della tattica militare; in stazione, durante le soste, adottavano rigorose misure di sicurezza.
Vedette e informatori, scelti fra contadini e pastori locali, venivano lasciati nei punti di
passaggio obbligato, per segnalare l’arrivo delle truppe e deviare le colonne mobili dai loro
itinerari. Frequente era anche l’impiego di donne fidate, che sostavano in prossimità degli
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incroci, intente ai lavori campestri . I briganti disponevano di covi inaccessibili nei boschi
e sulle montagne, riforniti di scorte e organizzati a caposaldo; in tal modo si sottraevano alla
cattura e provvedevano alle esigenze logistiche. Si legge nel memoriale Crocco dell’agosto
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1861 : “[...] Occupo una posizione costituita da una massa boscosa che sbarra la carrozza-
20 Ibidem, p. 75.
21 Cfr. ceSare ceSari, Il brigantaggio e l’opera dell’esercito italiano, op. cit., p. 122.
22 Cfr. luiGi tuccari, Memoria sui principali aspetti tecnico operativi della lotta la brigantaggio dopo l’u-
nità (1861-1870), op. cit., pp. 208-209.
23 Cfr. carMine crocco-BaSilde del zio, Il brigante che si fece generale: auto e contro biografia di Car-
mine Crocco, a cura di V. Romano, Lecce, Capone, 2011, pp. 28-37.