Page 110 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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IL PIANO  MAJ!SHAU.  E  IL  SUO  l\IPA TIO !TAllA.. 'IO   99

         ugualmente negativa fosse  la presenza di componenti culturali; storiche e poli-
         tiche  che  favorivano  la  divisione e  non  ta  cooperazione, avevano appunto
         vìsto nell'ERP uno strumento cbe avrebbe ponno favorire  l'avvio di una nuova
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         fase cenrrar.a  sulla collaborazione,  sulla  unific:izione,  sulla  integrazione < ~>.
         Eric Roll,  da  parte sua,  ha  messo  l'accento sul  "grande  valore  formativo
         nell'addestramento di tutta una generazione di funzionari pubblici e di  uomi-
         ni politici e,  nella fattlspecie, dei loro atteggiamenti e  me1odi coopemtlvi" (?4),
         E non altrimenti credo debba essere valutata In  funzione dell'OECE.
            La via della collaborazione non era ceno facile da percorrere e l'avverbio
         "immediatamente"  usato dal  Milward  testimonia  delle  difficoltà  di supemre
         antiche e consolidate diffidenze.
             Basti  pensare che solo nel  1949 si  riuscì a  trovare  un accordo circa  la
         riparrizione  della quota degli  aiuti ERP  relativa al secondo anno di funziona-
         mento cm, Ma si sa che intorno alla conce-Lione e alla "missione" dell'OECE vi
         furono opinioni differenti e  persino opposte, gener.J.te da  interessi economici
         contrastanti ma anche da ragioni culrurali e politiche.
             Vi  era chi, come i  francesi, vedeva  nell'OECE un organismo sovranazio-
         nale,  dotato di  poteri  decisionali  e  punto  di  partenza  di  un  processo che
         avrebbe portato alla costituzione di strutture federative. Ma vi erano gli ingle-
         si, portatori di una visione.  risultata  poi prevalente, secondo la quale  le deci-
         sioni da prendere, oltretutto alla  unanimità, avrebbero dovuto essere  assunte
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         da organi formati da ministri degli stati pa necipanti <6>.
             Come osservava  Di  Fenlzio citando  alcune  prese d i  posizione di  Pau!
         Hoffman,  a.mrninisuatore  dcli'ECA e  di Hervé Alphand,  direttore degli  Affari
         economici al Quai d'Orsay, è  vero che, cl:al  punto  di vista della cooperazione
         fr-.1 gli stati della vecchia Europa, gli avvii non furono esaltanti. E, del  reSto, le
         dimissioni  di Glayton  cbe  pure era  stato  fra  gli  ideatori del  Piano Marshall,
         furono attribuite  proprio alla  profonda delusione  di  vedere  •un'Europa  più
         avida di soccorsi che realmente capace di  raccoglie.rsi ordinata in un comples-
         so solidale per una razionale opera di collabor-.tzione• m>.
             fi persistere della  prospettiva autarchica faceva SÌ che ognuno tendesse a
         sostenere i  propri  interessi,  a  prescindere da  ogni  preoccupazione  minima-
         mente collaborativa. E così i greci mira\•ano a chiedere frutta  secca agli S1.1ti
         Uniti,  i  belgi  fosfati,  i  tedeschi  tabacco,  malgrado il fano  che proprio fra  i
         memhri dell'OECE esistessero paesi in grndo di fornire le ste..o;se cose (71lJ.
             E,  runavia, In una Europa che in settant'anni aveva dovuto sopportare tre
         guerre,  le  ultime  due  a  scala  mondiale,  già  costringere  i  rappresentanti  di
         sedici pae:;i (diciassette nel 1949 con la Germania finalmente ricostituita nella
         pienezza di sroto sovrnno) a  discutere b  discribuzione delle risorse disponibi-
         li,  cercando comunque  un accordo, era  un  fauo  pressoché  rivoluzionario  e
         carico di consegu~:nze per il  fururo.
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