Page 162 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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LA  RICOSTRUZIONE Dfu.E FERROVIE DELLO ~TATO         151

        Tesoro, mentre si andava manifestando  una conl.ra.Zione dei consumi che non
        fossero  legati all'Industria bellica.  Durante gU  anni dell'autarchia e  del  riarmo
        l'l.taUa  aveva sviluppato la  propria capacità industriale ben oltre la possibilità
        di assorbimento In  tempo di pace.
            Alla  fine  del conflitto  i danni sofferti  dall'industria  italiana erano estre-
        mamente  minori di quelli subiti  dalla struttura del  trasporto  pubblico: circa
        1'8% del  potenziale anteguerra era stato distrutto contro il  62% di  quello del
        sistema dei trasporti.
            Dato che la  maggioranza degli lnsediamentl Industriali erano usciti quasi
        indenni dalla guerra, gli iodusllialì si rendevano conto della  parte ìmportante
        e lucrosa che avrebbero potuto avere nel processo di ricostruzione.
            La  migliore  politica economica  che il governo  avrebbe  poruto  seguire
        sarebbe stata quella di sfruttare le  risorse disponibili e  pilotare la  produzione
        e  la  distribuzione  dei  beni  mediante i  controlli,  le agevolazioni e  i  permessi
        che le leggi In vigore consentivano.
            Gli  esperti  economici  chiamati  a  collaborare  con  i  ministri  finanziari
        dell'epoca - Solmì, Ricci, Corbino, Einaudi - erano convinti seguaci del credo
        economico di Jefferson, della Scuola di Manchester e  dell'italiano  Pareto che
        propugnavano il  liberismo  puro e  nessun controllo da  parte  del  governo
        sull'economia,  nonostante  che  questa  teoria si  fosse  dimostrata  fallace  aJIJJ
        prova dei fatti negli Stati Uniti e  in altre nazioni
            Per contrastare la svalutazione incombente della  moneta e  per cercare di
        raggiungere U pareggio del Bilancio, anziché attuare una politica tesa ad incre-
        mentare  la  produzione  e  quindi  i  consumi,  Einaudi  prefe.rì  agire sul Tesoro,
        frenando al massimo la spesa pubblica, ivi compresa quella  per la  ricostruzio-
        ne.  L'industria, non guidata  dallo stato ma  lasciata  libera  preferì perseguire il
        proprio utile speculando sulle esportazioni specie ne.! senore tessile e  manifat-
        turiero e puntando verso scenari non funzionali ma vamaggiosl.
            Un  solo esempio chiarisce  U con.cetto: l'industria  automobilistica  e  mec-
        canica che pure aveva costruito lo sviluppo delle ferrovie,  non avendo com-
        messe pubbliche per i pur indispensabili progelti di ricostruzione del sistema
        di trasporto pubblico, si orientò verso il trasporto privato; ciò generò immensi
        profitti e il sorgere di industrie complementari quali quella delle strade e della
        gomma cambiando profondamente il modo di muoversi degli Italiani.
            Dalla  politica di  restrizione della  spesa  corrente  e  degli  investimenti,
        risultarono  fortemente  compromesse  l!l  ricostruzione  e  la  realizzazione dei
        programmi  necessari  a  rendere efficiente  la  strunura  e  Il  treno competitivo
        rispeno ad altri vettori.
            La dirigenza aziendale, in linea con le direttive del govemo, si orientò ad
        una ricerca dellll riduzione delle spese, anche con contrazione del salari, pun-
        tando al pareggio del bilancio e  alla  reallzzazione  delle opere indispensabili
        secondo il CJiterio della massima economia.
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