Page 302 - La Grande Guerra segreta sul fronte Italiano (1915-1918) - La Communication Intelligence per il Servizio Informazioni
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LA GRANDE GUERRA SEGRETA SUL FRONTE ITALIANO (1915 – 1918)
non soLo “grigLie”
Come si è già accennato, la “proliferazione dei cifrari” è iniziata molto tempo prima degli ultimi
mesi di guerra, non soltanto per i cifrari di servizio. Infatti, seguendo le istruzioni diramate l’an-
no precedente, ciascuna Armata si dota di propri sistemi cifranti e ben presto la consuetudine si
estende ai Corpi d’Armata e alle Divisioni, allo scopo di disporre di strumenti idonei alle diverse
esigenze di comunicazione.
Come esempio di “cifrario ibrido” d’Armata, si cita il “Cifrario z per segnalazioni urgenti”, in
vigore dall’autunno del 1917, nella 4 Armata, applicabile alle comunicazioni telefoniche, telegra-
a
fiche, radiotelegrafiche, con bandiere, dischi, lanterne, bandiere a lampo di colore, apparati Faini,
ecc. Per cifrare si utilizza un repertorio da cui si ottiene, in corrispondenza ad ogni vocabolo, un
gruppo di tre cifre che servono per individuare una posizione nell’ambito di tabelle di sopracifra-
tura che trasformano ciascun gruppo di cifre in gruppo di due o tre lettere. Le tabelle, comple-
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tamente disordinate, consentono l’applicazione di chiavi. Il cifrario z, per queste caratteristiche,
sembra non sia stato risolto dagli analisti austroungarici e non è menzionato nelle fonti esaminate.
Si assiste inoltre alla proliferazione di cifrari molto semplici destinati ad applicazioni particolari
come la trasmissioni di allarmi per l’avvistamento di aeroplani nemici o la diffusione via radio dei
bollettini meteorologici. Nonostante alcuni sistemi adottati in ambiti limitati presentino caratteristi-
che crittografiche accettabili, il “fai da te” non favorisce di solito la segretezza di sistemi “artigiana-
li”. Nel corso del 1917 inizia però ad attuarsi un cambiamento significativo nell’attività di disegno
dei nuovi cifrari, poiché infine prevale, seppure gradualmente e faticosamente, la decisione di affi-
darla agli esperti del Reparto Crittografico che riuscirà anche ad imporre a tutti i Comandi, compresi
quelli d’Armata, l’adozione di criteri razionali per la formulazione dei propri sistemi cifranti.
11.4 NUOVI CIFRARI PER L’ESERCITO ITALIANO
iL cifrario si
Ronge sostiene l’opportunità di delegare agli analisti che studiano i sistemi crittografici adottati
dal nemico anche la funzione di compilare i propri cifrari perché «solo un organismo esattamen-
te al corrente dello stato della crittografia nel proprio Paese e all’estero può operare in questo
campo in modo efficiente; […] sin dal tempo di pace, l’Evidenzbureau aveva scritto per il servi-
zio di Radiocomunicazioni i necessari cifrari».
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D’altra parte, il principio generale che solo un critto analista può giudicare la sicurezza di un
sistema crittografico, si fa strada durante la guerra anche nell’Esercito italiano per “la forza delle
cose”, quando diviene sempre più evidente, anche al di fuori del Reparto crittografico, la scarsa
affidabilità dei cifrari fino ad allora impiegati.
Alla razionalizzazione e alla standardizzazione dei sistemi crittografici si oppongono tuttavia
sia pretese di autonomia, sia resistenze all’innovazione prevalenti in alcuni settori dell’Esercito,
tanto che, l’adozione dei nuovi sistemi incontra
subito la protesta dell’ufficio cifra (del Comando Supremo, N.d.A.), perché si richiede natu-
ralmente un tempo maggiore per il ciframento e il deciframento dei telegrammi. Purtroppo,
la protesta non è solo platonica, perché abbastanza sovente si trascurano nel cifrare le com-
plicazioni prescritte per rendere almeno più lungo il lavoro di deciframento al nemico, se
fosse riuscito ad avere i nostri telegrammi. 47
45 La prima cifra indica la pagina, la seconda la riga e la terza la colonna in cui si trova il vocabolo corrispondente, in modo
del tutto disordinato. Per decifrare bastano le sole tabelle, molte delle quali sono in bianco per inserirvi nuove frasi, posi-
zioni delle truppe nemiche, ecc.
46 M. Ronge, Der Radiohorch, op cit., p.16.
47 O, Marchetti, op. cit., p.161.
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