Page 447 - La Grande Guerra segreta sul fronte Italiano (1915-1918) - La Communication Intelligence per il Servizio Informazioni
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CONCLUSIONI




                  un decennio; la cattura di alcuni nuovi cifrari nel corso dei combattimenti; l’applicazione iniziale
                  della “cifratura parziale”; e, come ultimo ma non meno importante fattore, la scarsa preparazione
                  degli addetti alle operazioni di cifratura negli Uffici cifra e nelle Sezioni radio telegrafiche.
                  I comandi italiani, divenuti ben presto consapevoli del pericolo costituito dalle radio intercettazio-
                  ni, evitavano sistematicamente di trasmettere notizie riservate e specialmente ordini operativi in
                  senso centrifugo cioè verso le unità subordinate, ma le notevoli quantità di dispacci a disposizione
                  degli analisti austroungarici, pur non contenendo notizie importanti, tornavano utili a questi ultimi
                  per facilitare la soluzione dei cifrari. Così, quando in condizioni di estrema necessità e in assenza
                  di altri mezzi di comunicazione, alcune unità furono costrette ad affidare alla radio qualche im-
                  portante disposizione, gli Austroungarici si trovarono pronti a impossessarsene, come accaduto
                  nel maggio del 1916 durante la Strafexpedition, caratterizzata da alcuni loro successi crittologici.
                  L’iniziale superiorità crittologica austroungarica si manifestava, d’altra parte, nell’incapacità ita-
                  liana di decrittare i dispacci radio nemici e, a tal fine l’Ufficio I, dopo aver tentato inutilmente
                  di ricevere un valido supporto dagli Alleati dell’Intesa, costituì finalmente, nella primavera dal
                  1916, un nucleo crittografico presso l’Ufficio RT di Codroipo, comandato dal Capitano Luigi
                  Sacco che iniziò ben presto a forzare alcuni cifrari nemici.
                  A tal proposito, si osserva come la possibilità di decrittare i dispacci avversari dipenda anche dalle
                  strategie e dalle modalità d’impiego delle comunicazioni radio adottate nell’opposto schieramen-
                  to. E’ ben dimostrato che i Comandi austro ungarici proibirono, per lunghi periodi sin dal 1915,
                  l’utilizzazione delle stazioni radio campali per le comunicazioni tra i propri reparti, concentran-
                  dosi sull’ascolto dei dispacci italiani. L’imposizione di questa norma, nei periodi in cui è stata ap-
                  plicata, ha limitato il numero delle intercettazioni e quindi il materiale crittografico a disposizione
                  di Sacco e dei suoi collaboratori, ma ha anche costituito un forte handicap per l’Esercito austro
                  ungarico, soprattutto quando la guerra è divenuta di movimento, come si vedrà tra poco.
                  Anche gli Italiani seppero, in numerose circostanze, mantenere il “silenzio radio” com’era possi-
                  bile al fronte dell’Isonzo, ove il clima più mite e le condizioni ambientali meno difficili rispetto
                  a quello del Trentino consentivano di utilizzare in modo più continuo i collegamenti via filo. Per
                  esempio, nell’agosto del 1916, prima della sesta battaglia dell’Isonzo, la mancanza di intercetta-
                  zioni significative, unitamente alle operazioni di disinformazione poste in atto dal Servizio I, con-
                  tribuì a determinare il completo disorientamento dei Comandi austro ungarici. L’assenza di ogni
                  premonizione dell’attacco italiano che portò alla conquista di Gorizia, determinò poi un vivace di-
                  battito all’interno dell’Esercito imperiale sull’utilità del servizio di radio intercettazione e decrit-
                  tazione. Critiche analoghe si ripeteranno l’anno successivo dopo la battaglia della Bainsizza, con
                  la proposta di abolire addirittura l’intero servizio avanzata dal Generale Boroevic, a causa della
                  lamentata totale mancanza di informazioni operativamente utili conseguite con questo mezzo.
                  Negli altri settori dalla “Radio Intelligence”, cioè per quanto riguarda le intercettazioni, l’ana-
                  lisi del traffico e la radiogoniometria, l’Esercito italiano usufruì delle approfondite conoscenze
                  acquisite prima del conflitto e della disponibilità di apparati moderni forniti dalla Marconi ita-
                  liana e da quella inglese o riprodotti nei propri stabilimenti. La presenza dello stesso Guglielmo
                  Marconi nelle fila dell’Esercito e poi della Marina ha, senza dubbio, favorito la diffusione delle
                  tecniche radio e la tempestiva adozione di alcune importanti innovazioni.
                  L’esperienza derivante dalle sperimentazioni di radiogoniometria, condotte dall’Esercito sin dal
                  1907, permise di precedere nettamente gli Austroungarici nell’introduzione di questa tecnica,
                  com’è ampliamente dimostrato dal controllo esercitato, sin dai primi mesi del conflitto, sulle
                  radiocomunicazioni nemiche in scenari bellici estesi ben oltre i limiti del fronte italo austriaco e
                  dai contributi all’Intelligence così ottenuti, ancor prima dell’estate del 1916, quando iniziarono
                  le decrittazioni dei dispacci radio nemici.
                  Luigi Sacco e alcuni collaboratori dell’Ufficio RT di Codroipo, a seguito della riforma orga-
                  nizzativa del settore informativo attuata nell’ottobre del 1916, furono trasferiti a Roma per co-



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