Page 449 - La Grande Guerra segreta sul fronte Italiano (1915-1918) - La Communication Intelligence per il Servizio Informazioni
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CONCLUSIONI




                  ultimi di conseguire un importante vantaggio competitivo.
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                  Non fu perciò, nella gran parte dei casi, la mancanza di informazioni corrette e tempestive  il
                  motivo di alcune “sorprese” verificatesi in occasione di attacchi nemici, dovute piuttosto a fattori
                  esogeni al Servizio I, quali il “filtraggio” dei dati compiuto da uffici propensi a convalidare i
                  convincimenti personali del “Capo”, invece di fornirgli apporti scevri da ogni condizionamento.
                  In particolare, i preparativi della dodicesima battaglia dell’Isonzo, com’era del resto già avve-
                  nuto per la Strafexpedition, furono individuati per tempo, fino a prevedere le zone principali
                  d’irruzione, la data e con buona approssimazione anche il dispositivo d’attacco. Ciò che mancò
                  fu un’adeguata sintesi e utilizzazione delle informazioni disponibili, rispetto a cui prevalsero
                  preconcetti operativi che inducevano a non ritenere possibili offensive nemiche nei tempi o nei
                  luoghi in cui si svolsero.
                  Conseguentemente, malgrado crisi e incertezze verificatisi anche durante questa fase del con-
                  flitto, per il permanere delle sovrapposizioni e dei contrasti tra i diversi comparti informativi, si
                  può considerare in linea di massima corretto il commento finale della Commissione d’Inchiesta
                  su Caporetto che dichiarò, in esito all’attività espletata fino all’ottobre 1917: «nel complesso
                  non si ritiene che possano attribuirsi al Servizio Informazioni, nella sua organizzazione e nel suo
                  funzionamento, deficienze degne di rilievo».
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                  Anche nel settore della sicurezza delle telecomunicazioni, il 1917 rappresentò per l’Esercito
                  italiano un “anno di svolta”. La debolezza di gran parte dei cifrari italiani e la mancanza della
                  necessaria accuratezza nelle operazioni di cifratura, ben note a Luigi Sacco, lo avevano indotto,
                  nel settembre del 1916, a compilare una relazione in cui elencava le pecche dei sistemi allora
                  impiegati ed esponeva i principi a cui attenersi per preservare la sicurezza dei dispacci. Sacco
                  compilava in quella occasione, non solo a titolo d’esempio, un innovativo “cifrario da trincea”,
                  secondo i criteri applicati poi al cifrario divisionale “D” e al reggimentale “R” che, per la loro
                  natura “provvisoria”, pongono ostacoli praticamente insormontabili a una sistematica decritta-
                  zione dei dispacci.
                  Oltre  al  “D”,  il  Reparto  crittografico  produsse  nel  corso  del  1917  un  codice  per  il  Servizio
                  Informazioni indicato con la sigla “SI” e le Tabelle cifranti e decifranti del “Cifrario a fodera
                  rossa”, denominato “Speciale”. Ambedue questi sistemi saranno forzati dal nemico alla fine di
                  novembre, diversi mesi dopo la loro introduzione in servizio. L’’“SI” venne poi completamente
                  rinnovato all’inizio dell’anno successivo, a seguito della sua “compromissione” avvenuta in
                  Russia per cause del tutto estranee alle intercettazioni austriache. Si ritiene, anche in base alle
                  testimonianze rilasciate dagli analisti austriaci catturati dopo l’armistizio, che la nuova versione
                  sia rimasta inviolata fino alla fine della guerra.
                  I dettagli pocanzi elencati dimostrano l’infondatezza del giudizio espresso, a proposito dei cifrari
                  italiani, dalla Commissione d’Inchiesta su Caporetto, riportato poi, senza alcuna analisi critica,
                  in numerose pubblicazioni internazionali. Sappiamo ora che, all’inizio della dodicesima batta-
                  glia dell’Isonzo e durante il successivo spostamento del fronte, alcuni importanti sistemi italiani,
                  non erano ancora stati forzati dagli Austroungarici.
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                  8   Nonostante le misure sempre più restrittive assunte nel 1918 dall’Esercito austroungarico per difendere la sicurezza delle
                  proprie comunicazioni telefoniche, il Servizio IT ha avuto ugualmente modo di mostrare la sua efficacia, fornendo ad esem-
                  pio, prima della battaglia del Solstizio, l’indicazione dell’ora esatta in cui sarebbe scattato l’attacco austriaco e numerose
                  utili informazioni durante la battaglia di Vittorio Veneto.
                  9   Tra le altre testimonianze in tal senso si cita quella del generale Porro che scrisse alla stessa Commissione: «il funziona-
                  mento del Servizio ha ben corrisposto agli intendimenti del Comando Supremo. A comprovare il suo buon funzionamento,
                  oltre gli encomi tributatigli in diverse occasioni da diversi ministeri, basterebbe la testimonianza del fatto che i servizi si-
                  milari francese ed inglese, pur avendo larghezza di mezzi maggiori della nostra, sentirono la necessità di appoggiare alcuni
                  loro organi al nostro servizio» (AUSSME, fondo H-4 Commissione d’Inchiesta - Caporetto, busta 2).
                  10   I cifrari non compromessi all’epoca di Caporetto erano lo “Speciale” con tabelle cifranti e decifranti, la prima versione
                  del “D”, la prima edizione dell’”SI” e altri impiegati da singole unità come lo “z” della 4 Armata, Anche il cambiamento
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