Page 149 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Popolazione e nazionalità
talmente gli internati che in molti, nonostante potessero beneficiare della dimissio-
ne dai campi, preferiranno rimanervi o rientrarvi per avere garantita la protezione.
Circa l’80% della comunità ebraica jugoslava rimarrà vittima delle politiche
razziali tedesche e dei collaborazionisti: al termine della guerra non restavano più
di tredicimilacinquecento ebrei. Una buona parte, circa cinquemila, di cui la mag-
gioranza proveniente dallo Stato Indipendente Croato, deve la vita a funzionari e
ufficiali italiani: solamente nell’isola di Arbe alla fine gli ebrei della zona d’occu-
pazione italiana, concentrati per essere sottratti all’arresto di ustaša e tedeschi, sa-
ranno circa quattromila. Sebbene le decisioni italiane furono prevalentemente prese
per ragioni di origine politica, sarà questo il più numeroso gruppo di ebrei jugoslavi
salvati durante la Seconda guerra mondiale.
Internamenti “repressivi”
Nel corso degli anni 1942-1943 decine di migliaia di civili jugoslavi saranno
internati. Nei territori occupati o annessi si ricorrerà, per sconfiggere il movimento
partigiano, all’internamento della popolazione in campi in Italia e negli stessi terri-
tori occupati sottoposti al controllo delle autorità militari. I campi di internamento
per civili inizialmente costituiti per neutralizzare gli elementi ritenuti pericolosi per
l’ordine pubblico, “ospiteranno” presto un numero sempre maggiore di persone,
trasformandosi in determinati casi in una vera e propria deportazione. Nei territori
adriatici annessi, i principali campi d’internamento saranno predisposti ad Arbe
per l’area fiumana e slovena, a Melada (Molat) dipendente dal Governatorato della
Dalmazia e i campi di Mamula (lastavica) e Prevlaka per l’area adriatica meridio-
nale e le Bocche di Cattaro, dipendenti dal VI Corpo d’Armata. Dall’intendenza
della 2ª Armata, oltre al campo di Arbe, dipenderanno altri centri di internamento
per jugoslavi situati in Italia, come quelli di Gonars (provincia di Udine), il più
grande campo per slavi operante nella penisola, e Renicci (Arezzo). Vi saranno poi
una serie di campi “minori” con funzione di transito a Buccari, Porto Re, Zaravec-
chia, Vodizza (Vodice) e Divulje. Le condizioni di vita degli internati varieranno in
base ai diversi periodi e alle differenti situazioni, ma in generale la loro condizione,
causa la carenza alimentare, il sovraffollamento e le precarie condizioni igienico-
sanitarie, saranno molto critiche. 153
153 Sui campi di internamento civile e le vicende degli internati jugoslavi si veda C.S. Capogre-
co, I campi del duce. L’internamento civile nell’Italia fascista (1940-1943), Torino, Einau-
di, 2006.
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