Page 64 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.
“terza zona” d’occupazione italiana. 5
Anche nei territori croati e bosniaci il movimento popolare di liberazione co-
nosce inizialmente una partecipazione frastagliata destinata ad essere superata ed
assorbita dai partigiani; la lotta degli uomini di Tito sarà un susseguirsi di assalti a
elementi isolati o esigui presidi, di imboscate a piccole colonne, sabotaggi, atten-
tati, scontri di portata locale agevolati dalla natura del luogo favorevole alle azioni
di guerriglia. Alla fine del 1941 il generale Renzo Dalmazzo, comandante del VI
Corpo d’Armata, calcola tra i quindici e i ventimila uomini gli effettivi dell’eser-
cito di liberazione, in continuo perfezionamento di organizzazione e potenza. Un
anno dopo, il 26 e 27 novembre 1942 a Bihać, Tito convoca la prima sessione del
“Consiglio Antifascista di Liberazione Nazionale della Jugoslavia” (Antifašističko
Vijeće Narodnog Oslobođenja Jugoslavije, AVNOJ), organismo di rappresentanza
politica e nazionale del movimento di liberazione jugoslavo. In tale sede sarà uf-
ficialmente costituito l’Esercito di Liberazione Nazionale, che avrebbe inquadrato
gran parte delle principali formazioni partigiane preesistenti. La forza complessiva
era valutata a circa trentamila combattenti, armati di fucili, mitragliatrici, mortai,
obici e cannoni da montagna. Andavano poi aggiunte le rimanenti formazioni par-
tigiane, ancora autonome, composte da circa altri trentamila uomini. 6
Alla fine del 1943 il generale Giovanni Battista Oxilia, comandante la Divisione
Venezia passata a combattere con i partigiani dopo l’armistizio dell’8 settembre
1943, trasmette al Comando Supremo una relazione sulla situazione generale del
Montenegro fornendo una serie di informazioni sull’organizzazione dell’Esercito
di Liberazione Nazionale: costituito da un numero relativamente ristretto di iscritti
al Partito comunista e da tanti simpatizzanti, ne facevano parte anche non pochi ele-
menti non comunisti (nazionalisti, democratici, ufficiali dell’ex esercito jugoslavo).
Nel complesso l’organizzazione era buona – affermava Oxilia – di “tipo russo”,
con ottima capacità e volontà combattiva, espressa essenzialmente con guerriglia
ed imboscate, agilità e rapidità di movimento. Ripartito in corpi d’armata (Korpus)
comprendenti in genere due o tre divisioni su tre o quattro brigate – tra i centocin-
quantamila e i centosettantamila uomini – poteva contare anche sugli odred locali,
operanti nelle zone territoriali di reclutamento. Questi, bande locali più o meno ben
armate, risultavano meno disciplinati ma costituivano pericolosi elementi d’imbo-
scata. I singoli corpi d’armata erano collegati al Comando Supremo partigiano, a
sua volta collegato con Mosca e il comando anglo-americano. Ogni brigata oltre
al comandante aveva un commissario politico, con importanti compiti nel campo
5 S. Loi, op. cit., p. 210.
6 AUSSME, L-10, b. 38, fasc. 3, Stato Maggiore R. Esercito, Servizio Informazioni Esercito
S.I.E., prot. n. Z/P-32561, Promemoria, oggetto: Croazia – Costituzione dell’Esercito popo-
lare liberatore e delle unità partigiane jugoslave, f.to il Ten.Col. di S.M. Vice Capo Servizio
V. Pasquale, 25 febbraio 1943-XXI.
64 Capitolo quarto

