Page 106 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                    Le linee dei rossi erano minacciate anche dalle bande a cavallo di Semenov,
                 che dalla Manciuria premevano verso Irkutsk. L’ambizioso cosacco, forse su
                 invito dei giapponesi, tentò anzi di precedere i cechi nella conquista della città,
                 il cui possesso garantiva il controllo sul tronco ferroviario che aggirava il lago
                 Bajkal, e quindi sui collegamenti fra la Legione e gli Alleati. Fu un tentativo
                 infelice. Prossimi alla disfatta ma ancora pericolosi, ai primi d’agosto i bolsce-
                 vichi sconfissero le disordinate schiere di Semenov e lo costrinsero a ripiegare
                 a sud del Bajkal, nelle sue basi in territorio cinese .
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                    Con i sovietici combattevano anche ex-prigionieri tedeschi e austro-unghe-
                 resi provenienti dai campi della Siberia, che i bolscevichi avevano liberato in
                 ossequio al trattato di Brest-Litovsk. Intrappolati in Siberia nel mezzo della
                 guerra civile, questi ultimi erano in una posizione analoga a quella della Le-
                 gione Ceca e costituivano per i rossi una risorsa molto preziosa . Tutti i prin-
                                                                            185
                 cipali reparti bolscevichi avevano infatti i loro specialisti tedeschi o austriaci:
                 artiglieri, genieri, mitraglieri, addestratori, essi contribuirono non poco a dare
                 una maggiore fisionomia militare alle milizie rosse, alimentando negli alleati la
                 convinzione che vi fosse una vera e propria alleanza fra i sovietici e gli Imperi
                 Centrali .
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                    Con l’irrigidirsi della resistenza sovietica in Transbajkalia, divenne chiaro
                 che il compito dei contingenti internazionali era stato sottovalutato. Il 15 agosto
                 l’Armata Rossa, come ora si chiamava l’esercito bolscevico lanciò anzi una
                 nuova offensiva verso Vladivostok, con 30.000 uomini e cinque treni blindati.
                 Le forze dei contingenti internazionali si opposero all’avanzata nemica il 20
                 agosto presso la cittadina di Kraievsky, dove il colonnello francese Pichon si era
                 trincerato con una eterogenea forza di 4.000 uomini fra cosacchi, cechi, francesi
                 e britannici. I giapponesi, che non accettavano di essere sottoposti al comando
                 straniero, avevano una brigata schierata poco lontano.
                    L’attacco russo riuscì dopo una giornata di combattimento ad espugnare la
                 cittadina e a far retrocedere il contingente alleato. Solo l’intervento giapponese



                 184  Telegramma sulla situazione in Siberia del gen. Barattieri dal Ministero della Guerra al Comando
                    Supremo dell’11­8­18. AUSSME, E­11, B. 121, fasc. 3.
                 185  I prigionieri austro tedeschi nelle file bolsceviche costituiscono un leit motiv frequentissimo nei
                    documenti alleati. Per decenni la propaganda sovietica, e larga parte della storiografia europea
                    hanno negato l’esistenza di prigionieri austro­tedeschi fra le truppe bolsceviche in Asia. Sebbene
                    questa presenza sia stata assai inferiore a quanto si sia all’epoca preteso, è indubbio che diverse
                    migliaia di ex­prigionieri si siano uniti ai rossi. Fu il ad esempio il caso dei leader comunisti Josif
                    Broz, “Tito”, e Imre Nagy.
                 186  “Dal supplemento al Notiziario giornaliero pubblicato dalle autorità britanniche in data (?) 31
                    agosto 1918”. AUSSME, E­11, B. 121, fasc. 7.


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