Page 101 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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bile, come si era fatto ai tempi dell’imbarco da Archangelsk; ed il primo mezzo
disponibile era stato appunto lo Sheridan .
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Il 10 giugno un gruppo di una dozzina di uomini si ammutinò, rifiutandosi
di prendere parte agli esercizi in piazza d’armi. Messi rapidamente agli arresti,
furono tradotti alle carceri di Pechino, e qui tenuti fino all’evacuazione finale
del contingente.
Il fatto era più grave di quanto potesse sembrare a prima vista, e confermava
i timori che gli ufficiali avevano da alcuni mesi. Coloro che avevano rifiutato
l’arruolamento erano infatti palesemente scontenti di essere tenuti sotto disci-
plina militare, si appellavano alle garanzie avute a Kirsanov di essere riportati
in Italia senza alcun obbligo a servire sotto le armi e costituivano un esempio
pericoloso per gli altri, oltre che una cattiva pubblicità presso gli altri contin-
genti Alleati. Una sommossa, ipotesi a quel punto non peregrina, anche se rapi-
damente domata, avrebbe nuociuto enormemente al contingente italiano, la cui
funzione era in larga parte proprio di affermare il prestigio dell’Italia.
È da tener presente che in quegli stessi mesi i bolscevichi stavano liberando
tutti i prigionieri austro-tedeschi nelle loro mani, rimandandoli in Europa con
grande pubblicità. Non era quindi impossibile che alcuni, lontani da quasi quat-
tro anni da casa si pentissero dell’adesione data.
Gli ufficiali cominciarono a preoccuparsi seriamente dei germi di ribellione
che si diffondevano nel Distaccamento. Manera affrontò il problema sottopo-
nendo gli uomini ad una accurata opera di motivazione: marce, esercizi fisici,
ordine chiuso e ancora marce, scandirono nei mesi seguenti le giornate degli
irredenti, secondo la buona massima, valida in ogni esercito e in ogni epoca,
che tenere occupato il fisico impedisce di pensare troppo e raffredda i bollori.
Furono tenute agli uomini delle lezioni che illustravano l’ambiente in cui si
trovavano, i rischi della propaganda tedesca e bolscevica e, soprattutto, l’impor-
tanza del compito che erano chiamati a svolgere rappresentando l’Italia vittorio-
sa in contrade dove questa era quasi sconosciuta. Lo stesso Manera impartiva
agli ufficiali lezioni di diritto, regolamenti e ordinamento del Regio Esercito.
Già istruttore della Gendarmeria Macedone, l’ufficiale aveva in questi compiti
una grande esperienza, ed ottenne in poco tempo buoni risultati.
Aggiornato costantemente dei progressi compiuti, il tenente colonnello
Filippi di Baldissero il 17 giugno, poteva telegrafare a Roma: “Nostro contin-
gente sarà qualità certamente superiore quello degli altri alleati”.
I più recalcitranti furono riuniti in una unica compagnia di punizione, in
179 Il 15 giugno 370 uomini, con 60 allievi ufficiali, e 15 ufficiali vennero a loro volta imbarcati per
l’Italia

