Page 97 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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L’ItaLIa, IL  CSEO E IL GOvErnO PanruSSO            95

                                   Il corpo dI spedIzIone In estreMo orIente
                      La decisione degli alleati di dare un nuovo corso al proprio intervento in
                   Russia ebbe anche una conseguenza minore: riannodò con la storia generale
                   della Grande Guerra la vicenda degli irredenti italiani, fino ad allora confinata
                   alla periferia del grande conflitto mondiale.
                      Abbiamo lasciato questi uomini in Cina, in attesa dell’imbarco per l’Italia,
                   convinti di aver abbandonato per sempre la Russia.
                      L’Italia era stata fino a quel momento combattuta fra il desiderio di essere
                   presente anche nel teatro estremo-orientale e la necessità, sostenuta soprattut-
                   to dai vertici militari, di convogliare tutte le risorse disponibili sul fronte del
                   Piave, dove si attendeva dopo la vittoriosa battaglia di arresto del novembre
                   1917 il ritorno dell’offensiva nemica.
                      Quando gli Alleati decisero di riprendere l’idea di un intervento in Russia,
                   l’invio di un battaglione italiano a Murmansk ebbe poca opposizione da par-
                   te del Comando Supremo: si trattava pur sempre di un teatro europeo, relati-
                   vamente prossimo alla Germania e all’Europa baltica. Se la campagna avesse
                   avuto successo e le armate bianche avessero preso Pietrogrado, la partecipa-
                   zione anche di un limitato contingente avrebbe consentito all’Italia di sedere
                   con diritto al tavolo che avrebbe risistemato le frontiere di una zona fra le più
                   importanti d’Europa.
                      Più controversa era la partecipazione alla spedizione in Estremo Oriente,
                   dove gli interessi italiani erano scarsi e le difficoltà logistiche assai maggiori.
                   L’unico interesse italiano sembrava essere quello di imbarcare il prima possibi-
                   le gli irredenti, come il generale Romei Longhena ancora il 25 maggio assicu-
                   rava al commissario sovietico Cicerin .
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                      In seguito alle notizie circa il conflitto ceco-sovietico in Siberia tuttavia,
                   anche a Roma era molto cresciuto l’interesse per i rapporti che da Tokyo l’ad-
                   detto militare, tenente tenente colonnello Filippi di Baldissero, telegrafava fin
                   da marzo, e nei quali riferiva di aver avuto un lungo colloquio con il maggiore
                   dei Reali Carabinieri Manera, che aveva appena condotto fino ad Harbin i 2.500
                   irredenti provenienti dalla Russia europea.
                      Filippi  aveva  riferito  anche  delle  richieste  rivolte  dai  leader  bianchi  di
                   Harbin allo stesso Manera affinché anche l’Italia partecipasse alle operazioni
                   contro i bolscevichi, e aggiungeva che molti irredenti avevano già fatto richie-
                   sta di combattere per l’Italia. Perché dunque non accontentarli, utilizzandoli di-
                   rettamente in Siberia? Si sarebbe potuto ripetere in sedicesimo l’operazione già



                   175  AUSSME, E­11, B. 123, fasc. 2, Telegramma di Romei Longhena del 25­5­18.
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