Page 96 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                 chiudevano l’imbocco della baia intrappolandovi un rompighiaccio britannico.
                 Lenin aveva deciso di lanciare agli occidentali un segnale in risposta al colpo di
                 mano dei cechi a Vladivostock.
                    Il giorno seguente, del tutto ignaro del retroscena, il generale Romei si recò
                 immediatamente  a  conferire  col  Commissario  agli  Esteri  Cicerin  chiedendo
                 l’immediato  rilascio  degli  uomini.  L’accoglienza  fredda  lo  convinse  rapida-
                 mente che la situazione si andava complicando, cosa che gli fu confermata dal
                 rifiuto di Trockij di incontrarlo. I colloqui infruttuosi con Cicerin e i dinieghi
                 di Trockij proseguirono fino al 12 luglio, quando le trattative furono prese in
                 mano dal console Maioni. Quest’ultimo riportò al generale Romei una offerta
                 da parte russa con la quale si offriva la liberazione dei prigionieri in cambio del
                 loro impegno a rispettare le future istruzioni russe e a riconsegnare eventuali
                 fuggitivi che si sottraessero alla sorveglianza. Il generale rifiutò anche solo di
                 discutere: il sequestro degli italiani era stato un abuso e come tale doveva avere
                 semplicemente termine.
                    La risposta non venne dai russi bensì dall’ambasciata di Pietrogrado. Il 17
                 luglio l’ambasciatore Torretta inviava al generale un testo col quale gli intimava
                 di astenersi per futuro da iniziative fuori del suo ambito, gli imputava lo stallo
                 delle trattative e, in buona sostanza, lo redarguiva seccamente definendo la sua
                 azione “inammissibile e nociva”.
                    Romei reagì scrivendo direttamente all’attenzione del Generalissimo Diaz.
                 Nel suo rapporto Romei rifece la storia dei mesi appena trascorsi, dell’isola-
                 mento in cui aveva lavorato, della necessità di assistere i soldati italiani evasi,
                 433 unità al luglio 1918, della totale o quasi ignoranza degli affari diplomatici
                 in cui era tenuto da Torretta e Maioni. Infine, lamentò il tono della comunica-
                 zione ricevuta da un funzionario, Torretta, “a me parigrado essendo ministro di
                 2° classe incaricato” .
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                    Lo stallo si sarebbe trascinato chissà per quanto ancora se, da parte russa, la
                 bilancia non fosse tornata a pendere momentaneamente per un accordo con gli
                 occidentali. Poco per volta i sovietici restituirono i soldati catturati e a settem-
                 bre il reparto di ex-prigionieri, intanto aumentato fino a quasi mille unità, poté
                 finalmente partire per l’Italia.
                    La questione aperta fra Romei e Torretta rimase quindi sospesa, scavalcata
                 dagli eventi in moto; in quello stesso luglio infatti l’Italia aveva aderito alla
                 missione alleata in Russia ed il 2 settembre un contingente italiano era sbarcato
                 a Murmansk.



                 174  AUSSME, fondo E­11, B.93, fasc. 2, Relazione del 26­7­18 del Generale Romei al Comando
                    Supremo. p. 8.


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