Page 138 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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imminente però le punizioni furono sospese. Sarebbero state scontate, stabilì
Fassini Camossi, al ritorno a Tien-Tsin, ma dubitiamo che lo siano state real-
mente.
Il tragitto dalla Cina settentrionale alla Siberia fu, a ritroso, lo stesso che gli
irredenti avevano compiuto alcune settimane prima, all’atto del loro concentra-
mento fra Tien-Tsin e Pechino. Nel ripercorrere le stesse stazioni tuttavia essi
ebbero la sorpresa di trovarle occupate ora da diversi contingenti stranieri.
Giunti il 15 ottobre a Chan-Chun gli italiani vennero coinvolti in due spiace-
voli incidenti, entrambi nella stazione della città.
Durante i primi giorni un capitano giapponese, in servizio presso i binari
dove erano fermi i convogli italiani, fece per avvicinarsi al vagone delle muni-
zioni. La sentinella italiana lo fermò. Secondo alcuni l’ufficiale infuriato mal-
menò il soldato, secondo altri fu la sentinella a minacciarlo con il fucile puntato
sul petto. Quale che sia stata la verità, intervenne a quel punto un ufficiale che
allontanò, arma alla mano, il giapponese. Poco dopo questi fece ritorno accom-
pagnato da una compagnia di soldati, baionetta in canna, che circondò i vagoni.
Prima che potesse accadere l’irreparabile un colonnello giapponese arrivò sul
posto, inducendo il subordinato a desistere dalla prova di forza . L’episodio è
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raccontato in dettaglio nelle pagine di ricordi di Domenico Perrone, un soldato
italiano appartenente alla Sezione da montagna:
“[…] ma data la curiosità di questi giapponesi un brutto fatto ci viene a
colpire una nostra sentinella armata di moschetto messa a fianco di un
vagone delle munizione , in quel tratto ci passa un ufficiale giapponese
attraverso quei vagoni e quella mantenendo la consegna non lo lascia
passare facendo resistenza per passare questo ufficiale per passare la sen-
tinella appoggiandoli la baionetta della detta arma davanti. Ma però noi
tutti ne facevamo nessun caso questo ufficiale si rivolta dietro verso la
sua caserma una mez[z]a ora dopo che si vede giungere sulla banchina
di carico della stazione una compagnia di questi salami e piccoli uomini
ma però assai fieri nella sua divisa militare tutti armati e con baionette
innestati dandoci in noi una [illeggibile] ma il nostro pensiero era di far
vedere come l’Italiano era capace di agire.
Non curandosi in loro li lasciamo in atti, un suo ufficiale dopo vario tem-
po si presenta al nostro fiero comandante domandando l’accaduto e nel
medesimo tempo scusandolo li presenta una sigaretta ma il nostro ufficia-
le la prende e se la mette sotto i piedi e senza dire niente va via” .
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238 G. BAZZANI, Soldati italiani, cit., pp. 256258.
239 L3, B. 198, fasc. 6., pp. 1112. L’artigliere Domenico Perrone durante il periodo della suo ser
capitolo sesto

