Page 140 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                 L’annuncio provocò una comprensibile esplosione di giubilo in tutti gli italiani.
                    All’euforia subentrò però in alcuni soldati un sentimento differente, che sa-
                 rebbe stato comune di lì a poco a tutti i contingenti alleati: i soldati presero a
                 domandarsi quando sarebbe arrivato il momento di rientrare in Patria visto che
                 la guerra era finita. Che nonostante ciò gli irredenti abbiano continuato a servi-
                 re disciplinatamente per oltre un anno in Siberia dopo la fine delle ostilità, che
                 per loro erano cominciate nel luglio 1914, fu un risultato notevole per l’intera
                 Missione. Il capitano Bazzani ricorderà poi di quei giorni:

                       “Dopo l’euforia della vittoria subentrò presto una comprensibile tristezza
                       […] Forse in Patria non si considerò come meritava, nel suo pieno valore,
                       l’abnegazione dei nostri soldati che dopo anni di guerra,di prigionia, di
                       sofferenza non potevano come gli altri correre ad abbracciare la famiglia,
                       a rivedere la casa” .
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                    Al momento in cui il Corpo di Spedizione italiano vi faceva ingresso nel-
                 la notte del 21 novembre, la città di Krasnojarsk ospitava una popolazione di
                 150.000 anime, fra cui come si è detto un consistente proletariato operaio. Nel
                 novembre 1918 la Duma di Omsk aveva insediato a Krasnojarsk un governo
                 social-rivoluzionario, con velleità secessioniste, ma questo era stato abbattuto
                 dopo poco dai bolscevichi locali. Questi ultimi, benché organizzati, erano però
                 sostanzialmente limitati agli operai e agli immigrati poveri che costituivano
                 parte della popolazione della città; gli starojili che abitavano la campagna in-
                 vece, erano tutti piuttosto ostili ai bolscevichi soprattutto a causa delle requisi-
                 zioni che questi, compivano frequentemente . Dopo aver perso il controllo di
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                 Krasnojarsk ad opera dei cecoslovacchi, infatti, i rossi si erano asserragliati nei
                 villaggi dell’interno usandoli come basi per incursioni contro la ferrovia. I loro
                 reparti erano reclutati soprattutto fra la popolazione contadina di recente immi-
                 grazione e fra i prigionieri austro-tedeschi deportati in Asia Centrale, come il
                 sottufficiale croato Josip Broz, il futuro maresciallo Tito, leader della resistenza
                 jugoslava nella Seconda Guerra Mondiale, che apprenderà i rudimenti del mar-
                 xismo proprio in un campo di prigionia del Kazhakistan.




                 243  G. BAZZANI, Soldati italiani nella Russia in fiamme, cit., p. 262.
                 244  “Il popolo delle campagne, tornato dalle città carico di bottino e dopo aver dato sfogo alle più
                    brutte passioni umane si è stancato. È ritornato il contadino di prima che rimpiange lo czarismo
                    cui è sempre profondamente fedele, l’energia e l’ordine di una volta. Vogliono godere le ricchez­
                    ze accumulate in questi tempi e la maggior parte di loro non ne vuol più sapere del bolscevichi­
                    smo reclamando un governo forte”. Relazione del col. Fassini Camossi, Una spedizione ignora-
                    ta, pp.5­6. AUSSME, F­3, B. 272, fasc. 1.


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