Page 164 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                 dalla prima linea, il vero cruccio dell’Ammiraglio era rappresentato piuttosto
                 dal mancato riconoscimento internazionale del suo Governo, che per ora la sola
                 Londra aveva accettato ufficialmente come guida di tutta la Russia. Fintanto che
                 ciò non fosse avvenuto da parte di tutte le potenze occidentali, il suo sarebbe
                 stato sempre un potere semi-legale, insediato dall’interno dai social-rivoluzio-
                 nari e dai menscevichi e screditato dalla propaganda marxista di fronte all’opi-
                 nione pubblica internazionale come una detestabile tirannia .
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                    Ma il vero problema di Kolchack era il suo stesso governo, ovvero la man-
                 canza di un governo. Dal momento in cui aveva assunto il comando aveva con-
                 centrato la propria attenzione alla creazione di un efficace strumento militare,
                 senza rendersi conto che per questo era prima necessario costruire alle sua spal-
                 le uno stato. Ad Omsk, semplicemente, non funzionava quasi nulla, a comincia-
                 re dalla distribuzione della grande quantità di materiali inviati dagli Alleati, che
                 puntualmente si perdevano per via, da Vladivostok a Omsk, razziati dai predoni
                 lungo il tragitto, o venduti di nascosto da soldati affamati e funzionari corrotti a
                 contrabbandieri locali in combutta col nemico.
                    “È inutile mandarci uomini. Ne abbiamo. Quello che ci manca è il materia-
                 le”, sollecitava il Comandante supremo alle missioni dell’Intesa, che ad Omsk
                 risiedevano in alcuni vagoni ferroviari 5 km fuori la città.
                    I rifornimenti, in verità, erano stati inviati. Solo nelle ultime settimane del
                 1918 erano arrivati nei porti sotto controllo alleato 1.000.000 di fucili, 15.000
                 mitragliatrici, 700 pezzi d’artiglieria, 800.000.000 di proiettili di vario calibro,
                 “oltre a indumenti e materiale vario per mezzo milione di uomini” .
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                    Erano piuttosto gli alleati russi che non cooperavano con l’Ammiraglio: Se-
                 menov, teoricamente suo subordinato, aveva fatto addirittura sequestrare a Ĉita
                 alcuni treni carichi di carbone e indumenti invernali destinati all’Armata Sibe-
                 riana.
                    Si può immaginare lo stupore dei britannici quando notarono che in Sibe-
                 ria i rossi vestivano per lo più le uniformi inglesi che Londra aveva inviato
                 all’esercito di Omsk. Lo stesso Trockij scrisse una sardonica lettera al generale
                 britannico Knox, responsabile dei trasporti sulla Transiberiana, ringraziandolo
                 per il materiale che l’Armata Rossa si era procurata grazie alle sue spedizioni.
                 In riconoscenza, scrisse Trockij, Knox era investito del grado di Primo Furiere
                 dell’Armata Rossa.



                 277  “L’ostinazione dei capi bianchi ad ignorare che l’impero non esisteva più, gli eccessi commessi
                    dalle loro truppe nelle zone da loro controllate, […] non predisponevano l’opinione pubblica oc­
                    cidentale a loro favore”. H. CARRERE D’ENCAUSSE, Lenin, cit., p. 324.
                 278  O. FIGES, La tragedia di un popolo, cit., pp. 782­783.


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