Page 222 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
P. 222

220                                 Missione in siberia

                    Ad un tentativo di Kolchack di ottenere un aiuto dai soli che potevano in
                 quel momento offrigliene, i giapponesi, venne risposto che il governo imperiale
                 non aveva alcun interesse a ciò che accadeva a occidente del lago Bajkal, così
                 come non permetteva a Kolchack di immischiarsi in ciò che accadeva a oriente
                 di questo.
                    Quando le armate rosse si affacciarono sul fiume Ishim alle porte di Omsk,
                 apparve immediatamente chiaro che la combattività dei soldati dell’Ammira-
                 glio era molto scemata. Le diserzioni verso i bolscevichi, numerosissime nelle
                 ultime settimane, avevano oltretutto fornito una preziosa fonte di informazioni
                 ai comandanti rossi, che erano a conoscenza della situazione critica in cui si
                 trovava il nemico.
                    L’attacco finale sferrato fra il 26 e il 29 settembre non trovò di fronte a sé
                 alcuna seria resistenza. Nell’ottobre 1919 le armate bianche della Siberia ave-
                 vano di fatto cessato di esistere come forza combattente ed iniziavano la penosa
                 anabasi verso est, che si sarebbe tragicamente conclusa solo mesi dopo sulle
                 sponde ghiacciate del lago Bajkal.
                    Costretto ad evacuare Omsk il 13 novembre, Kolchack optò per trasferire la
                 propria capitale ad Irkutsk, la antica città-avamposto degli zar contro le tribù
                 della steppa, resa celebre in Europa dal romanzo di Jules Verne Michail Stro-
                 goff.
                    La città offriva il vantaggio di essere più vicina alle basi alleate in Manciuria
                 e nella Provincia Marittima, disponeva di una grande stazione ferroviaria, di
                 buoni accantonamenti per le truppe ed era giudicata ben difendibile. Inoltre, ma
                 questo a Kolchack piaceva meno, alle sue porte erano acquartierate rilevanti
                 forze giapponesi.
                    I bolscevichi del resto non mostravano particolare fretta di avanzare. Dopo
                 l’ultimo balzo in avanti essi dovevano presidiare e controllare un territorio as-
                 sai vasto dove operavano quasi incontrastate bande di predoni che attaccavano
                 indifferentemente bianchi e rossi.
                    Se tuttavia Kolchack sperava di potersi giovare della tregua per riorganizza-
                 re le proprie fila, dovette presto ricredersi. Il ripiegamento a Irkutsk infatti gli
                 aveva alienato le simpatie degli ufficiali ancora disposti a combattere, mentre
                 aveva confermato in quanti già dubitavano che la partita era perduta. A dicem-
                 bre Kolchack aveva perso anche l’appoggio del migliore e più popolare dei pro-
                 pri generali, Dietrichs, che rassegnò le dimissioni al termine di un duro scontro
                 col Comandante supremo .
                                         372

                 372  Da Vladivostok Filippi telegrafava a Roma in termini molto chiari: “Armata bianca senza pres­


                                                                             capitolo nono
   217   218   219   220   221   222   223   224   225   226   227