Page 226 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                 peggiori e non avevano alcuna intenzione di compromettere il proprio rientro
                 a casa per causa sua. Secondo alcuni, il generale Janin, che si era reso garante
                 con l’Ammiraglio del rispetto dei patti, venne informato dell’accordo e non si
                 oppose alla sua consegna.
                    Il convoglio dell’Ammiraglio fu dunque bloccato ed egli fu arrestato e ri-
                 condotto dai cechi ad Irkutsk dove, sotto gli occhi degli ufficiali francesi e di un
                 picchetto giapponese che sorvegliava la stazione, fu consegnato ad un distacca-
                 mento di soldati con la fascia rossa al braccio. All’atto di scendere dal vagone
                 pare abbia detto: “Dunque è vero, gli Alleati mi hanno tradito” .
                                                                           379
                    Lenin ordinò che l’ammiraglio venisse tradotto a Mosca, ma le cose an-
                 darono  diversamente.  Nessun  processo  clamoroso  avrebbe  visto  alla  sbarra
                 Aleksandr Kolchack  380 . Troppi fra gli alleati dell’ultima ora dei bolscevichi
                 avevano da temere dalle dichiarazioni dell’Ammiraglio, e certo anche a Parigi
                 e Londra non si pensava con piacere ad un pubblico dibattimento in cui i loro
                 rapporti con i bianchi venissero messi in piazza come era già accaduto con i
                 documenti segreti della diplomazia zarista.
                    Il 7 febbraio il Comandante Supremo venne rapidamente giudicato e giusti-
                 ziato assieme al proprio ex-Primo Ministro Pepelayev. I corpi furono gettati in
                 un foro nella crosta ghiacciata del fiume Angara .
                                                             381
                    Finiva così il maggiore fra i capi russi che si erano opposti alla costruzione di
                 una Russia bolscevica. Più di ogni altro, Kolchack aveva incarnato il paradosso
                 che era la costante delle vicende russe di quegli anni. Comandante di navi, ave-
                 va governato una sterminata distesa di terra fra gli Urali e il Pacifico. Militare
                 per mentalità e professione, conformato al dovere dell’obbedienza e all’azione
                 di comando, aveva dovuto manovrare fra gruppi di pressione, partiti politici e
                 ingerenze straniere, tutti ricchi di pretese ma avari di aiuti.
                    Se  l’Ammiraglio  ebbe  il  torto  di  intestardirsi  nella  difesa  dell’integrità
                 dell’antico impero, cancellando così ogni possibile intesa con polacchi e fin-
                 landesi, intuì anche confusamente la necessità di dare alla guerra contro il bol-
                 scevismo un contenuto politico, e delineò nei suoi solenni proclami almeno la
                 forma di uno stato democratico per la Russia futura. Finché durò la guerra, però,
                 esercitò con estrema durezza la propria autorità, sopprimendo una dopo l’altra



                 379  GREY, BOURDIER, Le Armate bianche, cit., p. 280.
                 380  W. BRUCE LINCOLN, I bianchi e i rossi, cit., p. 235.
                 381  Il giovane generale Vladimir Kappel ed il suo vice Voizekovsky seguiteranno per settimane una
                    propria guerra privata alla testa di un migliaio di fedelissimi, riuscendo infine a raggiungere le
                    linee giapponesi. Kappel morirà di cancrena in conseguenza del congelamento degli arti inferiori
                    subito durante la marcia. Ivi, pp. 282­283, e E. CARR, cit., La rivoluzione bolscevica, p. 343.


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