Page 136 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I giovinetti  87


               Ma chiamati o accorsi alle armi proprio nella fase in cui il risveglio di nuovi affet-
            ti e un sentimento spesso diffidente della propria autonomia suole staccare i figli dai
            genitori, l’urto della guerra li risospinse con tutto l’animo alle loro mamme, invocate
            nei rischi di morte. Spesso, a ritegno del loro impeto, sentono l’angoscia materna, e
            della mamma vivono il dolore e cercan di curar la ferita. E allora con ingenuo egoismo
            chiedono che le madri stiano tranquille, che non piangano: così soltanto essi saranno
            pienamente contenti e felici.
               Molti di coloro, che ci si presentano in questa fisionomia efebica, son figli di classi
            elevate, curati più a lungo, in una protratta adolescenza. Taluni dànno del Lei ai geni-
            tori; si sente che la famiglia li ha assistiti in tutti i moti dell’anima.
                 Quando v’è calma a chi si pensa? «Alla mamma»; nell’ora terribile del combat-
               timento a chi vola il pensiero? «Alla mamma» .
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               Così scriveva qualche mese prima di morire Angelo Cesarini. Ed Enzo Valentini:

                 Se la guerra non avesse servito ad altro che a farmi sentire quanto ti volevo bene
               senza saperlo, solo per questo avrei motivo di benedire e di ringraziare .
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               Sentiva vicina la madre anche senza bisogno di lettere. La madre era assorta nell’as-
            sistenza dei feriti ed egli le scriveva:

                 (6 agosto ’15). Mammina cara, quando hai molte cose da fare, ti prego, non affannarti
               a scrivere; l’utilità e la santità del tuo lavoro ti dispensano dal farlo; e d’altra parte anche
               se talvolta mi manca il segno materiale del tuo affetto, la lettera, pure, quando tace il can-
               none, io sento indistintamente il tuo pensiero costante come una inesplicabile presenza
               spirituale, che viene a me, non so se a traverso lo spazio, o a traverso l’anima .
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               E Ugo Vassalini, dalla scuola di Parma, dopo una breve visita materna, effondeva
            così la nostalgia della mamma e della casa sua:
                 (Parma, 16 maggio ’17). Anche tu sei passata: passata come tutte le cose dolci
               che lasciano dietro a sé il profumo del ricordo. Quando la sera esco e vedo i genitori
               che aspettano i figli, Mi pare sempre di vederti, mamma, che mi aspetti e mi sorridi,
               povera mamma, ed io faccio i miei giri inutili e senza direzione; e, nel ritorno alla
               caserma, mi viene un nodo alla gola pensando all’ultima sera .
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               E in un’altra lettera:

                 (Parma, 15 giugno ’17). Mamma, forse ora sei sola in casa e certo pensi a me: siete
               quattro che rivolgete il pensiero a me così forte; tutti egualmente, intensamente. E
               piangerai, mamma, leggendo queste righe. Io ti vedo; ti vedo come eri quando eri
               venuta a trovarmi, ed io non potevo essere allegro perché mi sentivo tanto male e
               dentro di me piangevo perché non potevo vederti felice. Io ti ho sempre davanti a
               me, mamma; non mi lasci mai e mi dai tutta la forza che mi occorre; tutta la forza
               che mi abbandonerebbe senza di te…
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