Page 140 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I giovinetti  91

               ragazzo al suo fianco, adesso avrà un giovane che potrà coadiuvarla nell’andamento
               della famiglia. Non creda che nel mese che ho fatto di prima linea abbia sofferto. Lei
               ben sa che i disagi non mi spaventano, la famosa paura del pericolo non l’ho mai
               avuta, perché chi ha una fede non teme la propria sorte e trova nella fede stessa una
               fonte di consolazione e di benessere .
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                 (31 luglio ’16, dal Trentino). Da un ricordo all’altro finisco per sognare, per fare
               castelli, e vedo la mia casetta, la mia mammina, le verdi colline delle nostre campagne,
               e mi sembra impossibile che io possa perire, mi sembra che assolutamente devo tornare
               a godere la vita, perché sono troppo giovane, perché non l’ho ancora goduta .
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               Questo suo chiuso affetto egli sa comunicarlo soltanto agli umili, ai suoi soldati: con
            essi sa parlare della madre lontana.
                 (17 dicembre ’16). Anch’essi poverini, come me, soffrono nel sentirsi così lon-
               tani dalle loro famiglie, e quando trovano chi li consola, chi l’induce a sopporta-
               re tutto per il bene della patria e fare tutto ciò che il proprio dovere richiede, si
               racconsolano e nei loro occhi si legge la consolazione che le nostre parole arreca-
               no. In nove mesi di guerra questa è stata la mia consolazione, il mio passatempo.
               Quante volte con essi abbiamo parlato delle nostre madri, quante volte insieme
               avremo a Dio rivolto la preghiera che le conservi e che presto ci ridoni al loro
               affetto! 15

               Ma la guerra, prolungandosi, rincupiva. Il Cesarini sentiva che dalla morte solo un
            miracolo delle anime dei morti, del suo povero padre, poteva salvarlo. «In guerra, se non
            c’è qualche santo che protegge, bisogna morir per forza» .
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               Esce vivo dall’infernale battaglia carsica del maggio del ’17 per un miracolo che
            attribuisce alla Madonna. E soprattutto s’affanna, nel presentimento della sua fine, ad
            infonder coraggio, rassegnazione e calma alla mamma.
                 (8-9 giugno). Non creda però, cara mammina, che il mio silenzio nello scrivere
               sia stato accompagnato da eguale mancanza dei miei pensieri per Loro, che anzi,
               nelle terribili ore di combattimento trascorse, e di cui adesso non rimane che il vago
               ricordo, come di un brutto sogno, il mio animo volava a Loro, e se il pensiero di
               una brusca mia fine non mi spaventava, mi spaventava il pensiero del Loro orgasmo,
               della Loro preoccupazione a mio riguardo. Il Loro nome mi affluiva alle labbra, con
               frequenza senza pari, e quando il pericolo si faceva più grave, quando la mia vita
               sembrava attaccarsi al sottile filo di un ragno, io invocavo i miei cari: la mia mam-
               mina, le mie care sorelle, i nipotini, le cui immagini mi ripassavano avanti in una
               continuità cinematografica. Brutta in se stessa è la guerra, ma più brutta è per coloro
               che hanno affetti veramente grandi e sinceri… E ché questo dovere non sarà esaurito,
               noi soffriremo, ma sapremo soffrire a fronte alta, perché abbiamo coscienza che del
               nostro sacrificio sarà frutto il benessere della patria. Tempo verrà che anche noi si
               torni felici, e in quel tempo avremo la ricompensa di tutto ciò che ora soffriamo. E
               Lei, mamma cara, si faccia coraggio, si lasci lusingare dalla speranza, e abbia fiducia
               nelle sue preghiere, che sono certo la mia salvezza.
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