Page 143 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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          to istesso che aveva assalito Eugenio Garrone nel cortile del castello di Moncalieri.
               (21 luglio ’15). Verso le sei è venuto il colonnello e un capitano a cavallo. Noi
             eravamo in rango; io, con la bandiera, in testa. Il capitano, ritto sul cavallo, ha co-
             minciato a gridare con voce metallica nel silenzio della montagna i nostri nomi a uno
             a uno, e ad assegnare a ciascuno la sua compagnia. È stata una cerimonia un poco
             triste, perché ciascuno incarnava in quel capitano il destino ferreo e irremovibile, e
             ciascuno temeva la Legge non scritta .
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             Un muletto ferito gli rivela la crudeltà sanguinosa della guerra.
               (1 settembre ’15, alla madre). Una granata ha esploso nel parco dei muletti, e
             ne ha feriti alcuni in modo orribile. Uno ha la guancia scavata e grondante e uno
             sguardo così disperato, che solo per quel muletto ho odiato tutta la malvagia razza
             degli Austriaci .
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             Ma nella guerra relativamente languida del suo settore, egli può vivere la poesia della
          montagna in tutte le sue note. Romba il cannone: egli annota:

               (22 luglio ’15, alla madre). Oggi un nostro cannone ha aperto il fuoco contro
             l’osservatorio austriaco; ad ogni colpo tutta la montagna e il ghiacciaio risuonano
             come un organo dalle mille gole .
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             Gli si ridesta in cuore un’eco della poesia francescana della sua Umbria. Il motivo del
          Poverello gli si amplifica in un inno alla montagna.

               (6 agosto ’15, ad un amico). … Quassù si respira, nelle pause dei cannoneggia-
             menti, un’aria satura di misticismo francescano, e in nessun luogo come quassù,
             sora acqua è pura et humele et casta; quassù sora luna e le stelle non che clarite, son
             fulgide di bagliori adamantini, sora matre terra quassù, carica di nevi e coperta
             d’erba e di fiori, si leva verso il cielo in forme di bellezza nelle cui linee divine è il
             segno certo del Pensiero Eterno; in qual luogo, se non quassù, sora morte corporale
             risplende di splendore inestinguibile sul cielo dell’Anima? La montagna col suo
             immenso ghiacciaio si leva enorme di contro al nostro accampamento, alta sopra
             i pascoli verdi, e le ore che passano sul cielo la tingono successivamente dei più
             fantastici colori. Certi tramonti accendono le rocce come carboni, o le placcano
             d’oro, o le arroventano alla sommità, o le fioriscono di violette cupe, finché la
             cenere, color di giacinto, della sera non spenga nel suo uniforme mantello ogni
             altro colore. Nelle notti di luna la valle è di smeraldo, la roccia è di lapislazzuli, e
             il ghiacciaio di madreperla scintilla tacito e freddo sotto il mistero concavo e pro-
             fondo del cielo d’oltremare .
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             Cade la prima neve.

               (3 ottobre ’15). Da due giorni il cannone tace. La montagna dorme nel suo si-
             lenzio e nel suo candore, terribilmente bella. Fino a poco fa ci pareva di conquistarla
             contro un nemico che ce la contrastava; oggi sentiamo che noi non conquistiamo,
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