Page 142 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I giovinetti  93

               zati di neve, diritti, immobili a perdita d’occhio. Mi pareva d’essere in un paese
               incantato. Anima, fantasia, tutto l’essere imprigionato nella calma sconfinata, come
               oppresso di stupore, annichilito. Le sentinelle passeggiano severe, si soffermano,
               spiano di tra le piante, riprendono il passo grave. Lontano, qualche colpo di fucile
               austriaco… Ma è proprio vero che siamo in guerra? .
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               Uno di questi caduti poi vive tutto ravvolto in questa primavera. È Enzo Valentini,
            che s’arruolò volontario a diciotto anni, e morì dopo pochi mesi di guerra nell’Agordino.
               Accetta la vita militare con semplicità e spontaneità. Scriveva ad una sua zia:
                 (10 giugno ’15). La vita di caserma mi ha trasformato. In due giorni mi sono
               avvezzato a tutto: a dormire sulla paglia fra due suonatori di contrabbasso, a lavare
               la gamella, a marciare in riga, a manovrare il fucile, e mi sono avvezzato ai più vari
               odori che naso irritato possa immaginare, e alle compagnie più eterogenee. Del resto,
               ora che mi sono abituato, la vita militare non mi sembra cattiva .
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               Il reggimento parte (era il 51°, il reggimento garibaldino dei cacciatori delle Alpi) e
            sfila sotto la casa paterna, sotto gli occhi della madre.

                 (18 luglio ’15) Quando ti ho scorta sulla loggia, in piedi presso la bandiera, ti
               giuro, mammina, ho provato una stretta al cuore per tutte le mie lacrime non versate,
               per la paura che tu, nella folla innumerevole, non mi potevi vedere. Ma il tuo cuore
               di madre ha guidato iI tuo sguardo e così ho avuto la gioia di guardarti a lungo, fin-
               ché ho potuto. Non ti dico il mio sentimento, perché sentivo il tuo cuore così vicino
               al mio, così uno col mio, che non posso chiudere in segni alfabetici quello che noi ci
               siamo detti nell’infinito e nell’eterno .
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               Ma, prima che la guerra, gli corrono incontro le Alpi solenni. Il giovinetto giubila.
            Una passione profonda d’arte, che s’effonde nelle sue lettere e nei suoi disegni, lo tra-
            sporta in un regno superiore ai travagli e ai dolori e alle miserie del nuovo stato. L’entu-
            siasmo di guerra diviene una nota d’un più vasto poema che abbraccia il cielo, i monti,
            e le vette dell’umana coscienza. Vive in una deliziosa gioia.
                 (Nella stessa lettera). A Belluno mi sono svegliato, ho caricato lo zaino sulle spalle
               (ore 5,30 del mattino) e mi sono incamminato con la compagnia verso le gran-
               di Alpi. Sono felice, felice sotto il mio fardello schiacciante. La fronte serena della
               montagna alta nella luce del cielo, coronata di nuvole luminose, grigia come il ferro
               e bionda come il miele, con i suoi boschi di abeti, le sue cascate di acqua, basta a
               saziare di gioia l’anima mia, e tu sai che, quando l’anima gode, sorregge da sola il
               corpo stanco.
                 … Sotto il sole il bianco paesello si posa fra i prati e i boschi verdi, dominato dalle
               vette serene coronate di nuvole erranti e maculate di neve alla cima. Quanta pace in
               questa nostra guerra; come l’Alpe eterna cura poco le nostre contese! .
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               Poche cose lo distraggono da questo sogno di poesia, richiamandolo alla realtà tra-
            gica della guerra. Solo il primo appello di guerra gli fa sentire il destino e lo sgomen-
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