Page 90 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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Crisi d’anime  41


               Conforta il suo piccino che piange perché papà è lontano:
                 (19 agosto ’17). Caro Benna, un angiolino – ma un angiolino vero, sai, tanto
               tanto bono, che ti vole tanto bene – mi ha raccontato che l’altra sera il mio bimbino
               piccino piangeva forte forte perché pensava a papà. Ora, papà non vuole che il suo
               bambino pianga: papà sta bene, è tutto contento, e spera di poter presto vincere gli
               austriaci, e conquistare, nonostante il tradimento del papa , la vittoria all’Italia.
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                 Papà, che non vuole tu pianga, ti manda tanti tanti baci. Papà tuo .
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               E scherza sulla possibilità di quella che in guerra si chiamava la ferita «intelligente» e
            che molte famiglie invocavano come salvezza temporanea dei loro cari:
                 (17 giugno ’17). … Credo, via, Trucina, che tutto sommato tu possa esser conten-
               ta dei tuoi bambini: così come papà tuo è contento di te e di loro.
                 Cosicché in fin dei conti, il più cattivo di tutti ora è papà: ma noi lo sai che cosa
               gli facciamo?
                 Uno di questi giorni gli si tira una bella fucilata, o una bella bomba: dove?… nella
               spalla o in una coscia?
                 Così lo pigliano, lo spogliano, lo mettono a letto scalzo, e poi, quando lo medi-
               cano, gli fanno tanto male.
                 «Ohi! ohi!» dirà papà.
                 E Truci, e Benna, e Lellico : «Bene, bene, ci ho piace’».
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                 E dirà Lellicone: «Me le davi a me le mestolate?…».
                 E dirà Benna: «E a me me li davi gli sculaccioni?…».
                 E dirà Truci: «E a me le facevi a me le mossacce?…».
                 E Truci, e Benna, e Lellico: «Bene, bene, ci ho piace’…».
                 E il povero papà non avrà più neppure il coraggio di lamentarsi, neppur più il
               fiato di dire «ohi»; e quelli frugheranno, frugheranno: e, quando avranno ben bene
               frugato, papà prenderà le quattro schegge, e ne regalerà una a Truci, una a Lellico,
               una a Benna: e una se la terrà per sé.
                 O Truci! ma che saresti contenta davvero? .
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               Così passò l’estate e la prima parte dell’autunno del ’17, il periodo della massima
            depressione morale del nostro esercito, senza che il Cambini ne fosse sfiorato, dirò anzi,
            senza che se ne accorgesse. Sopraggiunse la disfatta di Caporetto. Il Cambini col suo
            reggimento coperse la ritirata. Le lettere di quel periodo sono scarse e brevi. Alla fine
            del ripiegamento scriveva: «Incomincio a destarmi, e mi trovo qualche capello bianco e
            qualche ruga di più» .
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               Passò quindi sugli altipiani e partecipò alla disperata difesa delle Melette d’Asiago. Ferito
            al collo, volle restare in linea. Una scheggia di granata lo colpì alla testa (16 novembre). Dopo
            aver subito la trapanazione del cranio a Bassano, fu inviato all’ospedale di Campobasso e vi
            si spense il 12 gennaio ’18. La morte lo salvò dal totale ottenebramento dell’intelligenza.
               La vocazione guerriera del Cambini ha qualcosa d’una fascinazione sacra simile a
            quella che gli antichi Atti dei santi attribuiscono ai martiri, a cui si schiude la visione
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