Page 91 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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42 Momenti della vita di guerra
delle cose superne. Tale la vocazione di Leonardo Cambini: ma vissuta con animo virile,
nella riflessa e dolorosa ponderazione dei doveri, col cuore aperto a tutti i santi affetti
umani, esempio vivido di una nuova religione laica.
Più umile, più raccolto e più ritroso del Cambini nell’effusione dei propri sentimen-
ti, men padrone della forma letteraria è il bersagliere ciclista Melchiorre Spongia, cadu-
to a Capo Sile il 16 gennaio 1918 . Man non meno commovente è il travaglio morale
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e la crisi da cui proruppe lo slancio d’offerta nei tragici giorni che seguirono Caporetto:
il deciso trionfo dell’uomo migliore sulle esitazioni e le perplessità, che gli avevan fatto
accettare fino a quel momento il servizio sedentario invece di quello di linea.
Era figlio di un modesto professore di scuole medie di Brescia. Da fanciullo aveva
praticato con Giuseppe Cesare Abba ed era stato educato nell’istituto diretto dall’Abba.
Bersagliere fin dal 1914, era stato dichiarato inabile alle fatiche di guerra per la vista
difettosa. Era perciò rimasto a Brescia: ma lo tormentava un sordo malcontento di sé e
della sua vita. Nel novembre del ’17, mentre il nemico irrompeva nella pianura veneta,
rinunziò al servizio sedentario e chiese di passare in un battaglione di bersaglieri ciclisti:
l’ottenne. Il 28 novembre scriveva ad un suo zio:
Già da una quindicina di giorni avevo fatto domanda per essere ammesso al bat-
taglione ciclisti, e il mio desiderio fu subito soddisfatto. Mamma lo seppe soltanto
al momento opportuno, e, vedendomi contento, fu abbastanza calma e rassegnata
al pensiero che tutti in questo momento devono fare sacrifici per salvare la nostra
patria. Rimarrò qui finché verrà chiesto il battaglione ciclisti, eppoi correrò anch’io
a dare il mio tributo alla patria .
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Si sente liberato da un rimorso. In una delle prime lettere dal fronte scriveva ai suoi:
Io sto benissimo, ho un appetito da lupo, e mi sento l’animo sgravato da un gran
rimorso che continuamente lo pungeva .
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E lo ripeteva alla signora Teresita Abba, vedova del poeta garibaldino:
… posso assicurarle che la coscienza di adempiere al mio dovere m’infonde nell’a-
nimo un vero balsamo, che mi ricompensa delle più dure fatiche, e dei disagi che le
circostanze richiedono .
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Prevale il coraggio del bene, e sente anche il bisogno di riparare certi suoi torti, di
correggere ciò che trovava di riprovevole nella sua vita passata. Col presentimento della
morte chiede perdono al padre dei suoi trascorsi. Nello stile spezzato, a frasi mormorate,
si sente la fatica a superare un falso pudore e un falso orgoglio, per elevarsi ad una più
pura e serena coscienza:
(20 dicembre ’17). Come mi dispiace d’averti spesse volte fatto inquietare; vorrei
tornare tanti anni indietro per comportarmi meglio. Ma che vuoi, il pentimento