Page 85 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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36 Momenti della vita di guerra
caro, piccolo mio: il più caro, il più caro, sai: quasi, mi pare a volte, e mi pare forse
ora perché non c’è più, quasi più caro dei miei figlioli. O bimba mia, ma è bene,
sai, è bene sia morto così, come lui ha sognato, come lui ha desiderato: all’assalto,
insieme ai soldati, dopo avere, pochi giorni innanzi, portato alla vittoria la sua
bella bandiera .
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Quando due anni dopo gli fu consentito d’ascendere anche lui sul Carso, pose
sulla tomba del fratello una lapide con quest’epigrafe: «Raffaello Cambini – livor-
nese – sottotenente nel 93° fanteria – decorato al valore – qui – aspetta – nella pace
di Dio – la vittoria – d’Italia – n.24 ottobre 1893 – m. 1° luglio 1915» . E scriveva
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al padre:
(Z. d. g., 8 luglio 1917). Questo riposo guerriero io penso che Egli dorma
laggiù, tra il soldato del suo reggimento e un granatiere di Sardegna, in attesa che
la pace nostra, che la vittoria d’Italia compia il sogno magnifico di grandezza e di
gloria nel quale si è addormentato, e faccia posare il suo capo vicino al capo della
Mamma sua.
Egli è un povero bimbo che si è addormentato due anni fa, all’alba di un bel gior-
no di estate, e ha, da allora, cominciato il suo sogno dolcissimo.
No: non ha sognato: ha visto. L’azione, alla quale egli aveva preso parte, si volgeva
in un rovescio: ed egli vedeva la vittoria d’Italia.
I vigliacchi di dentro logoravano, diminuivano la resistenza della nazione: tristi
giornate vivevamo noi, nell’angoscia e nel dubbio; ed egli sorrideva beato ad un’Italia
grande e potente, quale noi la vedremo sorgere in un’alba di vittoria.
Noi eravamo sbigottiti, a volte oppressi da tanti errori, da tante colpe, da tanti
immondi traffici di santissimi nomi e di santissime cose: e Lui vedeva e sapeva: sa-
peva che le tempeste, i dubbi, le colpe, le incertezze non avrebbero prevalso: sapeva
che Italia vincerà.
Questo sonno di gloria e di gioia Egli dorme da due anni: noi Lo abbiamo pianto,
noi Lo piangiamo: ma avremmo dovuto, ma dobbiamo invidiarlo .
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Il sentimento non solo vinceva il lutto, ma consacrava Leonardo Cambini alla mor-
te, non possiamo chiamarlo desiderio di gloria, od orgiastico senso della guerra. Era
la volontà di levarsi a una suprema nobiltà di spirito. E costantemente egli operò per
liberarsi da ogni legame, da ogni impedimento, e superò angosciosi conflitti interiori.
Egli aveva intravisto la guerra nell’agosto-settembre ’15, quando per la prima volta
si era recato a visitar la tomba recente e a raccogliere i ricordi del fratello nel reggimento
in cui aveva combattuto.
Come a tutti coloro che giungevano al fronte, le retrovie col loro ordinato movimen-
to, con la loro vastità sterminata, gli rivelarono la forza misteriosa arcana che domina
nella guerra, e che tutti porta in sua balia: quello spirito enigmatico su cui meditò il
conte de Maistre e poetò Lev Tolstoj. Il Cambini guarda e rimane avvinto dal fascino
misterioso: