Page 98 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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Spiriti militari 49
fresca che penetri in una mefitica prigione. Ci portarono il confortante spettacolo di visi
fiorenti e non intonsi per le lunghe barbe intonse, e di abiti nuovi, eleganti, puliti… E ci
portarono il sollievo delle cronache del mondo di là, il mondo bello che allora ci appariva
come un Eden, lontano, lontano nello spazio e nel tempo, da noi lasciato senza speranza
di rivederlo… Ma presto i loro racconti finirono, e presto noi non avemmo più nulla da
insegnare loro sugli usi e sui costumi della vita trogloditica di trincea. La terra carsica fece
il resto, e quando il 7 settembre scendemmo a riposo nel piano di Mortesina gli ultimi
arrivati erano spettrali, sporchi, laceri e… pelosi quasi come noi .
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Da quella trincea il Campodonico descriveva ai suoi quell’epifania del coraggio,
tema che ritorna frequentissimo nelle lettere dei caduti:
(30 agosto ’15). A me il fuoco e la guerra non hanno fatto nessuna impressione e
mi sono subito trovato a posto, anzi in un ambiente che a me si confà assai .
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La gioia guerriera gli tumultua in cuore nel mezzo dei rischi. Non una gioia viziata,
artificiosa, curiosa di nuove esperienze, ma uno slancio impetuoso, simile a quello del
cavallo di buon sangue. Anch’egli è completamente sereno al pensiero della morte:
(8 dicembre ’15). Granate, bombe a mano, shrapnells, gas asfissianti, fucileria
ed il resto, che continuamente ci dilettano… Eppure vi è il bello anche qui, il bello
che sempre nel pericolo si trova. S’io dovessi morire, morirò contento come ho visto
morire contenti tanti bravi uomini e buoni compagni ed amici. Ma non spaventatevi
a queste parole; non sono né di cattivo augurio né altro, sono parole che descrivono
cose che potrebbero accadere, ma non vuol dire che accadano .
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Se qualcosa lo turba, è il pensiero dei propri soldati: pensiero e angoscia quasi co-
stante nelle lettere degli ufficiali italiani e documento di squisito sentimento. Spesso
affiora nelle loro lettere il rimorso della inevitabile durezza con cui devono esigere an-
che l’impossibile da uomini affranti ed esausti, e il pensiero che gli umili soldati non
possono sperimentare l’ardore che essi, gli ufficiali, sentono in cuore. Perciò agli umili
compagni di trincea rivolgono ogni cura ed ogni affetto.
Lo spirito militare non ottunde nel Campodonico quest’umana gentilezza:
(3 settembre ’15). Questi poveri soldati, ridotti in uno stato miserando dalle ve-
glie, dalle continue piogge, da qualche forzato digiuno, decimati dai combattimenti
e dai micidiali ordigni di guerra, sono stanchi e prostrati ed anelano al cambio, che
forse avverrà fra 10 o 15 giorni. Ve ne sono dei coraggiosi, degli eroi, dei paurosi; ma
tutti cercano di compiere il loro dovere.
È vero però che durante le oscurissime notti, quando scoppiano sulle nostre trin-
cee terribili granate, questa gente cerca uno scampo nel ritirarsi indietro, ed allora io
e gli altri ufficiali li ricacciamo, puntando contro di loro il nostro moschetto carico,
pronti ad agire ad ogni tentativo di fuga. Forse questi sono i peggiori momenti della
guerra, quando noi, sotto il grave peso dell’enorme responsabilità che c’incombe,
siamo costretti a ricorrere a qualunque mezzo, pur di obbedire anche noi agli ordini
che ci vengono da fonte superiore.