Page 103 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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(aveva conseguito solo la licenza tecnica), ma di gran cuore. Nelle sue lettere c’è tutto
l’empito d’una forza nuova, il desiderio di grandi imprese che circolava in Italia alla
fine del primo decennio del secolo: più vivace che in altri in un rampollo di famiglia
garibaldina.
Nel 1911 l’Arrighi fu richiamato con la classe dell’88 per la guerra di Libia. Il suo
reggimento doveva fornire soldati semplici ai reparti d’oltremare. L’Arrighi era caporal
maggiore. Non esitò: si strappò i galloni, rinunciò al grado e partì. Partecipò ai com-
battimenti di Homs e di Lebda, e in faccia al deserto gli fiorì nell’animo la poesia della
milizia. La sentì con una certa enfasi, con una turgescenza un po’ caporalesca, con una
lieve sfumatura piccolo-borghese, accettando talora frasi e formule fatte, ma sempre
con una sincerità intensa. Quand’egli afferma per esempio solennemente che «in faccia
al nemico si muore ma non si trema», sentiamo che se ripete un locus d’educazione di
caserma, di quella massima però fa il cardine della sua etica, della sua sensibilità e che in
essa trasforma se stesso. Nelle sue lettere al fratello narrò questo suo ardore, e il quadro
di cose e di avvenimenti vissuti e veduti: con la lucida visione pronta, che il vero soldato
ha nell’azione, e in cui s’innesta la risolutezza fulminea delle decisioni.
Partecipa con devozione ai riti della religione militare: del virile soffrire, del culto dei
caduti, del saluto alla bandiera prima del combattimento:
(27 febbraio ’12, dalle posizioni conquistate). Scrivo all’incerta luce crepuscolare,
mentre, al riparo degli avanzi d’un rudero romano, mi dispongo a passare la notte in
piccola guardia, vegliando con la mia squadra, sul fianco sinistro della compagnia.
Tuona ancora il cannone e le ultime pallottole nemiche passano a stormi sulla te-
sta miagolando, quasi per gridarci in faccia la livida rabbia della sconfitta subita. È da
stamane che grandina piombo e ormai non ci facciamo più caso. Lontano, nelle altre
posizioni, risuonano gli urrah e gli evviva dei bersaglieri e degli alpini. Farvi la par-
ticolareggiata ed esatta descrizione della battaglia non mi è in questo momento pos-
sibile: il nemico è ancora vicino e io debbo evitare da queste parti possibili sorprese.
(6 marzo). Si mangia a sbalzi e con abbondanti contorni di… sabbia, specie nelle
giornate di vento; il nostro letto è la terra, il nostro tetto il firmamento. Da un mese
non mi rado più la barba e il lavarsi la faccia è divenuto un lusso. Con tutto ciò son
sempre contento e sempre pronto a ricominciare da capo. Nonostante i suoi disagi,
le sue fatiche ed i suoi pericoli, questa vita mi piace immensamente e non desidero
per ora di tornare in Italia… 13
(27 marzo ’12). … oggi, nel trigesimo della battaglia del Mergheb, ha avuto luogo
la commemorazione dei caduti di quella gloriosa giornata. Nel piccolo e modesto
cimitero cattolico, baciato dal mare, si è svolta innanzi agli ufficiali e alle rappre-
sentanze dei reggimenti, la solenne cerimonia. Brevi ma commoventi parole hanno
detto il maggiore Di Giorgio ed il generale Bonini, chiuse dal triplice grido di «Viva
il re!» Dopo è stata celebrata la messa ed il cappellano militare ha benedetti i tumoIi
adornati di fiori e di drappi tricolori. Io facevo parte della rappresentanza del mio
reggimento.