Page 104 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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Spiriti militari 55
In procinto di lasciar questa terra, non potevo trovar migliore occasione per por-
gere il mio saluto ai camerati a cui non sarà data la suprema felicità di riabbracciare
i propri cari .
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(3 maggio ’12). Come quella del 26 febbraio, anche la notte del I maggio è stata
una notte insonne. L’odore di polvere che si sente alla vigilia d’una battaglia, ti mette
addosso quella irrequietezza che da bambino ti faceva rivoltare nel letto quando era
prossimo qualche avvenimento importante come: la partenza per un viaggio o i doni
di Natale. In quelle mattine non suona la sveglia, dovendosi eliminare ogni rumore,
ma non è necessaria; ognuno è più sollecito dell’ordinario. Si completa la «toilette» al
lume di luna, tirando qualche cinghia o affibbiando qualche fibbia, ed eccoci pronti,
in riga, per l’appello e le altre operazioni preliminari.
Ruminando feroci propositi, ci si mette in marcia, scuri, silenziosi, provocando
un sordo fruscìo per le viuzze della cittadina addormentata, dalle casette simili a
scatole di cartone. Albeggiava quando si giunse al luogo di concentramento fuori
delle trincee. Quando vi furono tutti i reparti, schierati in bell’ordine per battaglioni,
si presentarono le armi alle bandiere che la brezza mattutina investiva allegramente
sotto il primo bacio del sole.
Il colonnello ci rivolse la parola, ricordandoci le belle prove di valore fornite
dall’89° nella giornata del 27 febbraio e nella notte dal 5 al 6 marzo e c’invitò ad es-
ser saldi ed a mostrarci degni della gloria acquistata, anche nell’imminente cimento.
Un urrah! che aveva qualcosa di feroce, rispose alle sue parole; dopo di che ci siamo
messi in marcia distesi in lunghe e dense linee, col colonnello e la bandiera in testa .
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Durante la sua permanenza in Libia gli morì il padre senza ch’egli potesse abbrac-
ciarlo. Egli preme il dolore, ma non si pente né si duole dell’impegno volontariamente
assunto. La classe dell’88 alla fine di aprile viene ritirata dalla linea perché dev’esser con-
gedata. Egli insiste, e può partecipare ancora al combattimento di Lebda del 2 maggio
’12. Dopo, lascia a malincuore la Libia dove ancora si combatte:
Com’è trascorso celere il tempo quaggiù!…
Non era ieri che son partito da Siena salutato, acclamato, encomiato, abbracciato da
mille braccia, baciato da mille bocche conosciute e sconosciute! Quanto è durata l’im-
prevista crociera marittima che mi doveva condurre da Napoli, immensa e bella, alla
nuova città italiana e dalla Sicilia, ridente e calda, ad Homs, meta sospirata e finalmen-
te raggiunta? Un attimo. Se ti dicessi che non abbiamo fatto una vita di disagi di fatiche
e talvolta di pericoli, ti farei sorridere. Ognuno sa che la guerra non è una villeggiatura
e a me più di un altro avrebbe fatto torto il lamentarmi se da cinque mesi e mezzo non
ci spogliamo, se da cinque mesi e mezzo dormiamo in terra, molte volte all’aperto, se
innumerevoli sono state le notti passate vigilando, se abbiamo mangiato il pane bru-
ciato, il rancio pieno di sabbia, se abbiamo sofferto talvolta l’inclemenza del clima. No,
no, non mi lamento, anzi, con sempre maggior piacere ricorderò le fatiche subite. Oh!
se tu sapessi la bellezza delle notti trascorse ai posti avanzati, appiattati come banditi
in agguato, tra i ruderi o nei boschetti di ulivi, frugando con lo sguardo nell’oscurità,
tendendo l’orecchio sospettoso al più lieve rumore, pronti sempre ad ogni evenienza.
Quando mi toccava quel turno, era una festa. Al comando di due squadre for-
manti un piccolo esercito di 20 uomini mi sentivo tutta l’importanza d’un… gene-