Page 105 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
P. 105
56 Momenti della vita di guerra
rale. Davo ordini, disposizioni con un tuono che non ammetteva replica, e poiché in
certi servizi nulla è di tassativo, essendo tutto affidato all’‘iniziativa del comandante
del piccolo posto, formavo piani su piani nel caso di un attacco nemico, benché in
questo caso il nostro compito non si riducesse che a fare qualche scarica di allarme
seguita tosto da una rapida ritirata entro la ridotta. Ma da fare vi rimaneva sempre.
Bisognava disporre le vedette nel luogo migliore onde potessero vedere senza esser
vedute evitare sorprese. Vigilar sui soldati. Rendersi conto d’ogni rumore. Avvertire
le ridotte dei fuochi vaganti nell’oscurità ecc. ecc. Insomma un complesso di cose
che ti davano bene il diritto di crederti qualche cosa di più di un semplice caporal
maggiore. Infatti non dipendeva da noi la sicurezza delle truppe addormentate nella
fiducia del nostro servizio? O notti oscure come l’anima d’un cannone, o notti ar-
gentate dal plenilunio, come vi rimpiango!
Come mi parranno stupide e senza scopo quelle passate fra due candide lenzuola
d’un soffice letto, in confronto a quelle che la natura mi offriva con la terra conqui-
stata per giaciglio, con una pietra secolare per cuscino, col firmamento per coperta! 16
E riguarda con compiacimento la terra che egli ha contribuito a conquistare all’Italia:
Anche se brulla, anche se di un’uniforme monotonia, ti sembra più fertile delle
nostre pianure lombarde e più sorridente dei nostri paesaggi rivieraschi. E te la senti
tua, come se tu solo l’avessi conquistata. L’avervi sfidata la morte, l’avervi veduto cadere
vicino il compagno dopo un grido straziante di dolore, il vedervi le tracce sanguinose
del nemico fuggito, risveglia in fondo al cuore l’istinto egoistico della proprietà. E il
fenomeno è generale. Ho sentito esclamare più d’un soldato. «Noi l’abbiamo presa e
la doniamo all’Italia!» È il dono dei figli alla madre, fatto di cuore e senza rimpianto .
17
Ma di fronte ai nemici uccisi gli si muove in cuore la gentilezza dello spirito garibaldino:
Ieri visitai il campo di battaglia prima che la compagnia comandata terminasse il
lugubre servizio del seppellimento. Ne conservo ancora vivido e nitido innanzi agli
occhi il macabro spettacolo. Nessun cadavere innanzi alla nostra ridotta, ma davanti
a quella del I battaglione, oggetto del più feroce ed ostinato assalto, era ben altra
cosa. La maggior parte erano feriti in seguito ai tremendi effetti dell’artiglieria e gia-
cevano a terra a gruppi in un caotico aggrovigliamento di membra…
Ogni faccia aveva un’espressione. Alcuni conservavano anche dopo morti il ghi-
gno feroce di belve assetate del nostro sangue, altri ridevano mostrando i denti bian-
chi e forti: chi aveva i lineamenti serenamente composti e chi infine, ed erano i
più ributtanti, aveva gli occhi strabuzzati dalle orbite per il supremo spasimo della
terribile agonia. Le fosse sono state scavate alle falde del Mergheb, e in esse, capaci
ciascuna di cinque o sei corpi, venivano… precipitati dentro… Poscia quando la
fossa era completa la terra pietosamente li ricopriva.
Sono ritornato ben triste portando meco l’incancellabile impressione della ferocia
umana che feconda con il sangue ed i cadaveri le terre conquistate per l’espandersi
della civiltà. Strano pensiero nella mente di un soldato che vi ha prestato volontaria-
mente il braccio e che coscientemente ha rivolto, quasi con gioia, la bocca dei propri
fucili su quei corpi…
Strano e contrastante con il desiderio insaziato di nuove lotte e di nuovi aspri
combattimenti! Anche le battaglie hanno il loro fascino .
18