Page 110 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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V. I fratelli Garrone
Ma, anche se sfavillò qua e là, non fu lo spirito guerriero, allo stato puro, quello che
cacciò l’Italia nel conflitto. In Italia nessuno avrebbe affermato, come il Kronprinz di
Germania poco prima del ’14, che due cose belle ha il mondo: la caccia e la guerra.
In un vastissimo tratto della nazione il moto per la guerra fu più vasto e complesso;
la guerra parve una necessità a cui bisognava adeguar l’animo per l’affermazione d’un
ideale e d’un diritto entro cui viveva e si giustificava il senso italiano della patria. Tale
idealismo poté corrompersi e divenir triviale nella propaganda giornalistica, intorbidar-
si di falsificazioni retoriche e divenire imbelle e fatuo nei falsi apostoli che qua e là si
levavano. Ma nelle lettere di chi combatteva, di chi vi poneva la vita, risfavilla in tutta
la sua sincerità. Si difende una civiltà: qualcosa di connaturato all’animo, per cui è bello
soffrire e morire.
Non bisogna dimenticare la genesi di tale animo. La guerra tedesca nel suo prorom-
pere aveva suscitato l’impressione delle invasioni barbariche: d’una bruta affermazione
della forza d’armi associata con una brutale ragion politica ed economica: tutto doveva
cedere ad essa. Nel ’70, non ostante la politica del Bismarck, la guerra tedesca era rientrata
nel quadro delle guerre nazionali, delle patrie che si ricostituivano. Nel ’14 nulla di tutto
ciò. Era al più l’affermazione d’una fisiologica crescenza, d’una meccanica espansione che
voleva tutto schiantare, come un torrente devastatore. Avendo dato i tedeschi alla loro
guerra, specialmente per l’alleanza austriaca, questo fosco carattere utilitario-economico,
non avendo saputo circonfondere la loro bandiera di una luce ideale che avesse ascendente
anche nel campo avverso, che desse al nemico il senso della sua inferiorità, d’un minore
diritto, d’una più languida fede, avveniva per contro quel processo che proprio il genio
d’un poeta tedesco aveva rappresentato in un dramma famoso: dei tranquilli montanari
svizzeri, che alieni da ogni passione politica, ubbidienti e disposti a ubbidire, a poco a
poco sotto la dura tirannide, dalla poesia della loro vita pastorale, dalle tradizioni dei
padri, dalla religione del focolare traggono un ideale di patria, e gli si consacrano col giu-
ramento del Grütli.
Avveniva così nel resto d’Europa e in Italia specialmente. Il patriottismo si risvegliava,
anche in chi era alieno dalla politica, su dalle forme di vita quotidiana, dai convincimenti