Page 115 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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66    Momenti della vita di guerra


             Per un momento ammira la risolutezza di una signora tedesca da lui condannata
          per aver diffuso armi fra gli arabi. Prova quasi rimorso d’aver dovuto colpire un così
          intrepido patriottismo .
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             Ciò non impedisce che per lui la guerra, come per Omero, sia un delirio folle, il
          pazzo Ares.

               (Tripoli, 11 aprile ’15, alla famiglia). Questa guerra non distrugge solo vite, so-
             stanze, città, ma getta l’anarchia nelle idee, semina odii senza fine e imbestialisce
             gli uomini. È come un vento di follia che pervade oggi l’Europa dai palazzi delle
             famiglie regnanti ai più umili tugurii; solo così si può spiegare lo scandalo come ben
             tu dici, che ha provocato l’idea di pensare fin d’ora al modo di temperare gli odii
             dei popoli ora in conflitto. Ma non ti devi stupire: fin che dura la guerra è logico, è
             umano che sia così .
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             Pensa agli alpini meravigliosi a cui egli si è votato e l’assale uno sgomento:

               (Tripoli, 11 aprile ’15, alla famiglia). Ma che pena il pensiero che proprio la gio-
             ventù più sana e più forte debba sacrificarsi per la grandezza della patria! Perché la
             guerra non è invece un mezzo di eliminazione degli elementi più vili, più deboli, più
             codardi? Perché la vita nella sua dura realtà deve sempre presentare di questi contrasti
             così ripugnanti all’ordine logico delle cose? E c’è chi osa trascorrerla tutta, passando
             di leggerezza in leggerezza! .
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             Ma non rilutta, ormai egli si è interiormente trasformato:

               Perché ormai tutti quelli che dovranno servire l’Italia come soldati hanno già subita
             la trasformazione più difficile ad operarsi nella generalità degli uomini: l’adattamento ad
             una situazione di cose che importerà la rinunzia a tutto il passato per un avvenire pieno
             di paurose incertezze, di privazioni, di sacrifici. La possibilità dell’azione fa riprendere in
             modo meraviglioso la sicurezza e la fiducia in se stessi, oltre a quel senso di fatalismo, al
             quale, più che al sangue freddo, dobbiamo la maggior parte degli eroismi .
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             La guerra lo attanaglia ancora borghese, mentr’è presidente del tribunale di Tarhu-
          na. Bande d’insorti accerchiarono nel maggio ’15 il presidio e ve l’assediarono per 40
          giorni. Il Garrone andò a parlamentare con gl’insorti: senza nessun frutto. Rifiutò il
          salvacondotto che essi, che lo stimavano per la sua giustizia, gli offrivano perché rien-
          trasse a Tripoli. Volle divider le sorti del presidio. Partecipò alla disperata sortita con cui
          le truppe si apersero la via, alla dolorosa anabasi nel deserto, sotto l’incalzar delle bande:
          soffrì la fame e la sete atroce, e riportò due ferite al braccio.
             In una lettera ad un amico descrisse quella tragedia coloniale, e il sacrifizio della bat-
          teria da montagna con cui ripiegava: i soldati che non vogliono abbandonare i cannoni
          affidandosi ai garretti dei muli, e difendono a colpi di baionetta i pezzi in pericolo, i
          feriti abbandonati nel deserto, e l’animo forte e insieme disperato nel rovescio. La prima
          visione ch’egli ha della milizia è quella del sacrifizio .
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