Page 116 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I fratelli Garrone 67
Intanto il fratello Eugenio viveva con candore di fanciullo la crisi dell’intervento.
Scriveva alla sorella Maria:
(Roma, 30 aprile ’15). Tu sapessi come vi penso in queste ore angosciose di attesa
mentre tutto tende oramai ad un solo scopo triste e doloroso: la guerra!
Si vivono momenti di ansia indicibile: le anime nostre si cercano da lontano in
un affannoso bisogno di sentirsi vicine e strette nell’ora del pericolo grande a cui ci
si prepara intimamente, come a un rito sacro e solenne. Siamo forti e speriamo .
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Poi si rasserena nella sua ingenua e candida fede irredentistica fioritagli in cuore in
una non lontana visita alpinistica a Trento, e lo assale come una voluttà di sacrifizio.
(Roma, 6 giugno ’15, alla sorella Margheritina). Iddio ha riservato a noi, se-
conda generazione di chi ha lottato per primo per l’unificazione santa «dall’Alpi a
Sicilia» il grande momento di vedere compiuto il sogno italiano: e ha riservato a
me la gioia di poter vivere questi giorni sorretto dalla forza di tante persone care,
che da un primo sbigottimento più che naturale si sono rialzate nell’entusiasmo
profondo che vibra in ogni anima bella per l’idea santa che muove questa vecchia
terra d’eroi…
Come li ricordo, Margheritina, quei giorni indimenticabili del Trentino! Ogni
brivido d’allora mi si riscuote nell’animo con vibrazioni anche più intense…
Quando il mio giorno sarà venuto, se il sacrificio della mia vita fosse necessario,
ben venga quel giorno, che so mi troverebbe sempre unito a voi. Chi guida e regge i
nostri destini? Dio alto e potente che protegge i buoni .
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Chi gli fu vicino nei giorni del maggio ’15 gli leggeva nel volto la volontà d’offerta .
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Le due ferite riportate consentirono a Pinotto d’allontanarsi dalla Libia: cosa che
altrimenti non gli sarebbe stata concessa, perché era fatto divieto ai cittadini metropo-
litani di lasciar la colonia.
Rinunziò a parte della licenza di convalescenza. Nell’autunno del 1915 era ufficiale
alpino di milizia territoriale nelle valli del suo Piemonte.
Gli par di ritornare ai campeggi sucaini: ma qualcosa è in lui mutato: gli brucia den-
tro una passione che lo travaglierà per tutto il resto della sua vita: quel sentire sempre,
dopo ogni fatica, ogni rischio, che ancora il dovere non è compiuto, sí da diventare
implacabile più ancora con sé che con gli altri.
Alpini reduci dalla fronte sono assegnati al suo reparto.
(Chaz-Dura, 21 novembre ’15, alla famiglia). Vengono tutti dal fronte e tutti por-
tano ancora la traccia della vita dura faticosa che hanno fatto in questi ultimi mesi; ce
ne sono con gli abiti a brandelli, coi cappelli sfondati, con certe barbe incolte, dalle
forme più strane e caratteristiche, carichi alcuni di oggetti tolti ai nemici: tutti con
gli occhi sereni e con un’espressione che ispira fiducia solo a guardarli.
Come sono belli questi soldati, mamma, anche se non figurerebbero degnamente
in una rivista di parata: come sono belli, anzi, appunto perché sono così! 15