Page 118 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I fratelli Garrone  69

                 (Moncalieri, 20 marzo ’16, a Mariuccia Arullani). Entro con passo franco, la fron-
               te alta, il viso improntato ad una durezza tutta soldatesca: la sentinella scatta sull’at-
               tenti, il capo posto mi si precipita incontro, si ferma sui due piedi e mi dà la lista
               dei malati e gli ordini di servizio per la guardia, la spesa, i piantoni ecc. Rispondo a
               monosillabi, con energia e passo oltre. I soldati stanno lavandosi in cortile, alla fon-
               tana: vigilo che tutto proceda con ordine, sollecito i ritardatari, minaccio di consegna
               i pigri, lodo i più svelti e intanto arrivo alle cucine… .
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               Ma dinanzi alle sue reclute, a questi uomini strappati alle case e ammassati come
            greggi, prova un sentimento di tenerezza da buon pastore.
                 (Moncalieri, 19 marzo ’16, alla famiglia). Il mio plotone (60 uomini circa) è co-
               stituito di meravigliosi tipi di montanari della valle di Susa, spalle quadre, movenze
               lente, occhi profondi e buoni, poche parole: hanno 32 o 33 anni, quasi tutti sono
               ammogliati con prole, pure c’è tanta giovinezza inattesa nelle loro barbe bionde,
               nella loro carnagione rosea, nel sorriso aperto a volte (com’è bianca la loro bocca ben
               fornita!) che ci si sente attratti: il comando non può suonare aspro e arrabbiato, l’or-
               dine si muta istintivamente in consiglio o in raccomandazione, il rimprovero cede
               davanti al rapido arrossire vergognoso di tutto un viso che si direbbe di masso ed è
               invece delicato e dolce in tutte le sue espressioni. E hanno girato il mondo parecchi:
               vengono quasi tutti di Francia, alcuni cacciati dalla fame, sí, altri invece spinti dall’i-
               dea santa che ci anima tutti. Hanno ubbidito pronti alla chiamata, hanno valicato le
               Alpi, si sono fermati qualche ora a casa, sono ripartiti diretti al loro centro di mobi-
               litazione, Fenestrelle o Exilles, hanno dormito negli umidi sotterranei dei forti per
               quindici giorni, sono riusciti nel sole di faccia alle loro montagne, vestiti della grigia
               uniforme di guerra, il cappello con la sacra piuma buttato su un orecchio, e sono
               scesi al piano cantando le loro nenie dolcissime, miste di parole francesi e italiane.
               Ora sono a Moncalieri: la collina, tiepida e verde, li ha come intontiti: non parlano
               che a voce bassa, eseguiscono gli esercizi con la serietà d’uomini gravi di studio: nelle
               ore di libertà stanno appartati e scrivono e leggono – non c’è neanche un analfabeta
               – e parlottano sottovoce come cospirando .
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                 Sono come sperduti nell’ambiente nuovo: non parlano, ti guardano con occhi dol-
               cissimi e profondi, in cui tu vedi riflessa ancora l’immagine dei loro bimbi su uno sfon-
               do bianco di neve… se li ecciti nel loro amor proprio di valligiani, vedi come una fiam-
               ma correre sui loro volti, quella stessa fiamma, che – sono sicuro – si tradurrà nell’urlo
               fatidico «Savoia» nel giorno in cui chiederò loro la vita per l’ideale a cui tendiamo .
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                 Ieri mattina, domenica, prima di andare a Torino, è stata una valanga di mogli
               e di bimbi dai quattro ai dieci anni. E mi son visto circondato a un tratto, e cento
               occhi, begli occhi di bimbi, incuriositi, spaventati, ridenti, chiari e belli tutti, mi
               hanno guardato e implorato: imploravano il permesso dell’uscita anticipata; e sic-
               come era in mio potere il concederlo, lo diedi a tutti e feci felici parecchi: ne fui
               intimamente soddisfatto .
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               Nel vasto castello di Moncalieri le note del silenzio dànno un arcano sgomento, a
            lui che di fronte a tutti i pericoli avrebbe ignorato la paura: d’una vocazione misteriosa.
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