Page 123 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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74    Momenti della vita di guerra

             truppe che, in un eventuale contrattacco, arginassero l’offensiva e impedissero una
             vera catastrofe. La cosa riuscì: sopravvenne la notte: veglia più ansiosa non passerò
             più. Immaginati un imbuto di cui uno degli orli sia più basso, quello occupato
             da noi: quello più alto, e per più della metà, guarnito dagli avversari. La notte è
             limpidissima: tutta la cresta dell’imbuto spicca nitida sul cielo bianco: l’imbuto si
             sprofonda nero in basso, e da quel profondo salgono ad ogni momento i lamenti dei
             feriti che non abbiamo ancora potuto raccogliere.

               Si sta all’erta tutti: gli occhi vorrebbero vedere di più: gli orecchi vorrebbero perce-
             pire tutto, ed è questa tensione esagerata che a volte c’inganna. Si vedono ombre nere
             che salgono, si odono fruscii misteriosi: si lancia un razzo bianco: sale bruciando, si
             ferma in alto sorretto da un paracadute, poi naviga lento, s’abbassa, si rialza: nulla.
             Ma un razzo ne chiama altri e da tutta la cresta è uno scoppiettare breve improv-
             viso di razzi convergenti al centro, ed ogni angolo è scoperto, scrutato, perlustrato
             da migliaia d’occhi, nell’ansia di tanti e tanti cuori in tumulto. Nulla. La nebbia
             ridiscende: i razzi non servono che a mettere nell’aria una macchia nebulosa: non si
             vede più nulla: entrano in ballo le mitragliatrici: pochi colpi, prima, qua e là: poi un
             picchiettare nervoso da tutte le parti. Ognuna batte una zona; anche la nostra è cer-
             cata nervosamente. I soldati sono tutti bassi, protetti. Passano i proiettili a centinaia,
             con miagolii strani, prolungati sopra le teste, in alto: non si sente altro: poi si rifà il
             silenzio dietro una coda rada di colpi nervosi, ma quel silenzio ripiange poco dopo
             dei lunghi lamenti dei nostri feriti.
               Così passa tutta la notte, e così, in un’alternativa di momenti tranquilli e d’al-
             larme, passano due altre giornate, in un’immobilità che pare impossibile, a volte,
             di poter conservare per ore e ore sotto il flagello di una pioggia incessante, e in una
             ricerca affannosa, in altri momenti di nebbia fitta, dei nostri feriti, che a poco a poco
             riusciamo a portare dietro le linee, e anche dei nostri morti che seppelliamo tutti
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             vicini, individuandoli con rustiche croci .

             A purificar del tutto l’anima dall’orrore e dal dolore si rituffa negli affetti della fami-
          glia, dell’amicizia.
               (1 ottobre ’16, alla sorella Margheritina). Quale forza potente è il pensiero di tutti
             voi cari, che non mi abbandonate mai un istante! Se vi dicessi che la guerra ha ancora
             accresciuto, se possibile, la nostra unione, direi forse una cosa che anche tutti voi altri
             avete pensato. In ogni momento, da mattina a sera, nei momenti belli e in quelli brutti,
             o sono le vostre voci, o i vostri visi sorridenti, o la vecchia casa solitaria con la sua pace
             d’attesa e con l’eco festosa dei nostri nipotini, certo è sempre qualcosa del passato no-
             stro o del nostro presente che mi viene davanti agli occhi e nel cuore… Non mi man-
             chino mai le vostre voci: ogni sera possa io raccogliermi, prima d’addormentarmi, nel
             pensiero del mio papà e della mamma mia, e raccogliere dalla loro bocca il nostro bacio
             lontano di bimbo. Iddio mi conceda di star sempre bene e resisterò fino alla vittoria
             con un solo voto: «Iddio protegga i miei, faccia di me quel che vuole» .
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               (2 ottobre ’16, alla signora Arullani). … se sapesse, Margherita, che effetto
             ricevere quassù della posta cara! Arriva ogni sera verso le cinque e mezza, quando
             i lavori hanno una sosta e gli uomini riposano, Ciascuno prende il suo pacco e
             scappa e s’apparta, e in quel momento il cuore si gonfia e quasi non si osa aprire
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