Page 122 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I fratelli Garrone 73
luce e subito dopo un colpo secco percuote l’aria come una staffilata: o pure s’alza a
parabola nell’aria, lento, silenzioso, uno dei razzi fumosi che spande una luce bianca
e fredda e fa più solenne il silenzio. La vigilanza è continua. Frequenti visite alle ve-
dette, figure immobili e nere che escono con tutto il petto dal parapetto della trincea
col sacro fucile impugnato, l’elmetto luccicante sotto la luna, i duri profili barbuti
scolpiti nel cielo luminoso, mi dànno modo durante tutte le notti in cui sono di
servizio, di abbandonarmi talvolta a lunghe fantasticherie .
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(16 agosto ’16, alla sorella Maria). C’è dei momenti in cui si ha l’impressione di
sognare: specialmente quando le valli sono inondate di un’improvvisa luce bianchis-
sima, e ogni rupe, ogni colle, ogni cespuglio, tutto balza in un’imponenza minaccio-
sa, nel silenzio improvviso di tutte le armi .
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Questa mitezza contemplante e raccolta tempera la visione della guerra orrida, quasi
per una fede implicita – tanto più forte quanto meno nominata – in una Provvidenza,
in una luce spirituale che posa sui campi insanguinati.
Le lettere che Eugenio scriveva dopo le sue battaglie raramente fan sentire l’orrido,
l’impressione immediata della strage e della morte: elementi da cui, a quanto ho potuto
fin ora constatare, il pensiero dei combattenti italiani di solito rifuggiva, a differenza dal
potentissimo realismo orrido, così frequente nelle lettere dei combattenti tedeschi . In
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Eugenio non era soltanto repugnanza a fissar lo sguardo sullo scempio umano, ma la
trasfigurazione della morte e dell’orrore, nell’intimo idealismo che l’assisteva.
Dopo un’azione, che volse a male, sul coston del Lora nel settembre ’16 scriveva:
(14 settembre ’16, al padre). Ho detto in principio che non ho fatto che il mio
dovere, ma ho capito, papà, e sono convinto di questo, che, per chi combatte, il do-
vere non ha limite che là dove la sua vita si ricongiunge con quella di Dio. Non basta
ubbidire: se si ubbidisse soltanto sarebbe troppo poco.
Sono stato, lo dico senza vanterie sciocche, molto calmo, quasi incosciente: i sol-
dati calmi essi pure: ho voluto bene a tutti, in certi momenti come a fratelli: ho
veduto visi terrorizzati che si sono spianati a una parola, atti incerti trasformati in
temerari ad una voce: ho goduto, in complesso, uno dei momenti più belli della mia
vita, e mi è rimasta nell’anima una serenità così diffusa da farmi impressione.
Ho pensato a voi? Sí, a tutti, e proprio nei momenti peggiori: o meglio, siete stati
voi in quei momenti ad apparirmi dinanzi come in un lampo di luce, in tutto il vo-
stro sorriso: oh cari, cari visi che subito dopo ho invocato io, sì! 41
In un’altra lettera descriveva la tragedia del suo battaglione. Uscito all’assalto, aveva
trovato i reticolati nemici intatti e le trincee guarnite, perché l’artiglieria aveva funzio-
nato male per la nebbia:
(19 settembre ’16, al padre). Ondate successive furono respinte dal fuoco misu-
rato e nutrito degli avversari e dovemmo retrocedere o quasi alle posizioni iniziali,
organizzando alla meglio una provvisoria trincea, e addossando dietro di essa quelle