Page 126 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I fratelli Garrone  77

               causa per cui si combatte, si comportano in questo modo, che cosa si deve poter
               pretendere dal soldato, il solo che dia veramente tutto, perché nessun conforto può
               avere dalla visione di una più alta idealità? .
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               Non se ne accorgeva: ma il suo spasimo nasceva da una sua esuberanza oltre le pure
            forme militari.
               Il colonnello che lo aveva rimproverato, dal suo punto di vista strettamente mili-
            tare, non aveva torto. La milizia esige una rinunzia ai problemi sintetici delle direttive
            supreme, un’accettazione del particolare compito del momento, come tutto il dove-
            re: sí che la milizia, come la chiesa, spesso può essere un ottimo rifugio a chi voglia
            sottrarsi al peso di universali problemi e di responsabilità di direttive. Proprio perciò
            egli invoca con tutte le sue forze uno spirito civile e politico che la completi e l’esalti.
               Chi nell’anno 1917 aveva nel cuore i fini supremi, viveva nello spasimo di vedere i
            pericoli e i danni, mentre, legato dalla disciplina, doveva tacere, e lasciarsi trasportare
            dalla corrente.
               Intanto, nella primavera, Eugenio veniva passato in fanteria e mandato sul Carso.
            Con profonda pena si distaccò dai reparti alpini, ma non tardò, amandoli, a trovare
            profonda rispondenza d’affetto negli umili fanti, così come nei superbi alpini.
               Lo stesso animo della campagna precedente lo assisté nella spaventosa battaglia
            carsica del maggio ’17 sul Faiti. Si comportò gloriosamente: due comandi diversi lo
            proposero simultaneamente per la medaglia al valore. Ma di tanto in tanto nelle sue
            lettere si sente qua e là una nota amara e quasi stridula d’un ardore non condiviso e
            disperato.

                 (11 maggio ’17, ai suoi). Ho pregato per voi tutti, ieri sera, in una chiesetta di
               campagna piena di soldati, aperta all’imbrunire per ricevere l’abbandono di tante
               anime in pena. Ho fatto completa la dedizione al Signore della mia vita, e mi son
               sentito tanto sollevato, tanto degno di vivere questi giorni di preparazione alla
               grande lotta! .
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                  (31 maggio ’17, alla madre). La morte mi ha sfiorato infinite volte senza ghermir-
               mi: in mille sibili, ululati, tonfi, scoppi, è passata sul mio capo, intorno a me, minac-
               ciosa, rabbiosa, e non mi ha colpito. Voi con le vostre preghiere mi avete protetto:
               voi avete fatto sì che potessi farmi onore: voi soli siete la ragione di questo sorriso che
               mi accoglie dovunque tra i colleghi del battaglione, in questa terra santa di martiri,
               di questa cordialità di colleghi, senza veli e senza gelosie, che accolgo nel cuore com-
               mosso e restituisco con tutta l’anima mia. Stasera andremo a riposo .
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                 (1 giugno ’17, all’avv. R. Malinverni). L’anima è ancora tutta sossopra: a mo-
               menti di gioia sfrenata ne succedono altri di abbattimento così cupo da sbigottire:
               ma a poco a poco la calma rientra, lentamente si fa strada, risorride serena intorno
               a te, ti riporta alla vita piano piano: e in questi giorni sto appunto rimettendomi
               completamente.
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