Page 124 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I fratelli Garrone  75

               le lettere e si rimanda la lettura per assaporarle maggiormente, per prolungare il
               più possibile quei momenti di intimo godimento. E finalmente si legge, e, dopo,
               si resta lunghi momenti a sognare con tutto il cuore perduto come gli occhi, nella
               valle rigata di bianco, pervasa di mille rumori che non s’avvertono che come bru-
               sio confuso. Non si vede nulla: si pensa, senza pensare, quasi: pure come in lampi
               improvvisi, o appare una casa ben nota, o vi suonano voci ben care. Quando si
               rivive la vita del passato si è più sereni sempre, Margherita, e questa serenità io ho
               sentito profonda stasera nel cuore dopo aver letto le sue parole buone. Non creda
               che sia cambiato, o forse non l’avverto il cambiamento: è così. Ho veduto tante
               cose tristi, sì, che mi veleranno gli occhi per sempre quando il ricordo le rianimerà
               negli anni venturi; ho sofferto, e molto, e in poche ore, un dolore intensissimo,
               ma benedico queste sofferenze perché mi hanno reso più cosciente di quello che
               succede nel mondo, più pronto a goderne le bellezze vere e profonde, più equa-
               nime nei giudizii, più severo nell’esame del gran male che ci circonda. Non avevo
               conoscenza d’uomini, Margherita; ed ora! quante coscienze! quanti caratteri di-
               versi! quante forze belle! quanti orrori! È bello poter dominare se stessi di fronte a
               tutti: guardare a fondo dentro occhi che ti guardano, scrutarli, dominarli, legare
               i tuoi uomini a te prima che con altri mezzi con la forza della sincerità che non
               ha velo alcuno .
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               In un altro sfortunato combattimento sul Pasubio restò ferito da una pallottola esplo-
            siva alla spalla: ebbe un senso di giubilo per aver versato il primo sangue per la patria.
               Durante il periodo d’invalidità rimase a Pinerolo ad istruire le reclute, attendendo
            la primavera per tornare lassù.

                 (Pinerolo, 13 febbraio ’17, alla madre). Oggi ho fatto una lunga marcia in collina
               con a fianco la bianca catena delle Alpi. L’inverno finisce: si sente nell’aria di già tanta
               mitezza, tutta primaverile. Sarà l’ultima primavera di sangue? Perché deve continuare
               questa strage? I miei soldati cantavano spensierati, e io me lo chiedevo con nel cuore
               una profonda tristezza, frutto di tutto il dolore umano e di tutte le miserie morali
               che dominano sovrane .
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               Gli  stessi  problemi  intanto  travagliano  l’animo  volitivo  e  ascetico  di  Pinotto
            che si logorava nella stasi bellica del fronte carnico ed era meno rimesso a un ordi-
            ne provvidenziale. Diceva infatti alla sorella Margherita: «non posso pensare che Dio
            ci debba abbandonare, solo perché, invece di lasciare svolgere gli avvenimenti secon-
            do il loro corso materiale, cerchiamo di modificarli con un’aspirazione di bene» .
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               All’insidiosa proposta tedesca di pace del dicembre 1916 si sente ribollire il sangue.

                 (15 dicembre ’16, al padre). Anche noi desideriamo la pace, e come! ma non la
               pace che getterà l’Europa nelle mani empie del militarismo germanico, bensì la pace
               che suonerà restaurazione di tutti i diritti e di tutte le nazionalità. A questa condi-
               zione, chi potrebbe opporsi all’apertura delle trattative di pace? Ma se queste non
               sono le intenzioni della Germania, meglio andare avanti, a qualunque costo, finché
               sopravviverà anche un solo di noi. Sarebbe vita possibile la nostra se dovessimo pie-
               gare il capo di fronte alla prepotenza tedesca? Se tutti i nostri sacrifici non fossero e
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