Page 120 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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I fratelli Garrone  71

               come un nazionalista, e con gli argomenti d’un deputato al Parlamento!» No, caro
               Pansini, in questo, lascia che te lo dica, tu ti sbagli e a fondo. Sarebbe così se io mi
               ritenessi pago di compiere quello che normalmente si considera dovere di italiano
               e di soldato, di indossare cioè l’uniforme militare, accettando gli avvenimenti così
               come li crea il loro svolgimento naturale, lieto se questi mi permettono di fare «bella
               figura» con poca spesa. Ma il giorno in cui, rinunziando a tutti i motivi di dispensa e
               di esonero, a cui avevo diritto, ho voluto dare, come soldato, tutte le mie energie alla
               patria, ho sentito e continuo a sentire profondamente che, se nei rapporti esteriori
               può valere la concezione normale del dovere, di fronte a me stesso e alla mia coscien-
               za debbo cercare di attuare la massima rispondenza fra la realtà dei fatti e quell’ideale
               di sacrifizio che son venuto formando nella mia mente. E questo non è un falsare
               certi valori: è anzi dare ai valori stessi il loro vero e degno contenuto; è un non smi-
               nuirli, ma non sciuparli con una loro visione puramente estrinseca e superficiale, e
               quindi comoda .
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                 «Lei vorrebbe prendere un Sabotino tutti i giorni», mi ha detto ultimamente il
               mio nuovo colonnello. «Si ricordi che il primo dovere di un militare è l’ubbidienza»,
               e io ubbidisco e faccio del mio meglio, ma senza convinzioni e senza entusiasmi, e
               tanto più mi arrabbio quanto più mi si vuol persuadere che ho torto nelle mie con-
               vinzioni sul valore dell’opera mia!
                 Deve sentirsi così alto il dovere di ogni italiano in questi tempi: e mi trovo a con-
               tatto con certa gente che fa pietà! 30


                 La vita dell’uomo è fatta in gran parte di ricordi che soli sono realtà; a differenza
               dei sogni del futuro. Poter pensare al passato con un certo compiacimento, poterlo
               popolare di imagini forti, non aver nessun rimpianto per nessuna piccola viltà; ecco
               il mio programma che solo in parte però mi ha permesso di svolgere la zona dove mi
               trovo e da cui invano ho cercato di togliermi .
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               Eugenio entrava in azione nei combattimenti con cui si arginò l’offensiva austriaca
            nel Trentino nel maggio-giugno ’16.
                 (Z. d. g., 4 giugno ’16, alla signora Laura Marsuzi). Sto bene. Sono al fuoco.
               Combatto con tutta l’anima mia. Com’è piccola la vita delle città esaminata da que-
               ste altezze, percorse dall’eco formidabile di tanti tuoni .
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               Ma non resse molto agli strapazzi, cadde ammalato e fu spedito all’interno. Questa
            debolezza fisica gli pesò come una colpa. Poi lo assalì la nostalgia del fronte; un pro-
            fondo disgusto per la vita delle retrovie e dell’interno, faceva rivolgere il desiderio dei
            migliori alla linea, come alla loro vera patria .
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                 (Verona, 18 luglio ’16, al padre). Non sto ancora bene, è vero: ma credi, non è a Ve-
               rona, all’albergo, con la mancanza d’ogni cosa adeguata, col disgusto di quello che vedo
               e sento, non è a Verona, dico, che posso guarire. Forse lassù è più facile! Poi, dentro
               di me è entrata, non so come, una gran calma fiduciosa… Può anche darsi che debba
               cadere nuovamente. Non potrò che ridiscendere un’altra volta, papà. Né sarà l’ultimo
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