Page 129 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio

            Italia per servizio, fu il capitano pilota Emilio Vittani che il 10 novembre con 3
            velivoli si trasferì a Cufra, dove prese gli accordi del caso con il comandante della
            sottozona militare. Il giorno 11 Rolle lasciò Cufra con un’autovettura FIAT 614
            e due autocarri FIAT 611C, con 8 uomini di truppa e una guida indigena, diretto
            oltre confine verso le pendici occidentali del Gilf Kebir, interpretando quindi
            con una certa larghezza gli ordini ricevuti. La sera del 12, quando si trovava a
            circa 200 km dalla sua base di partenza, in un punto a nord-ovest dell’altopiano,
            chiese via radio una ricognizione aerea per il giorno dopo. Il mattino seguente
            Vittani decollò quindi con una pattuglia di 2 Ro.1 e localizzò l’accampamento di
            Rolle da cui con i teli di segnalazione gli fu richiesto di esplorare la zona a sud
            del campo. I due velivoli si spinsero quindi a sud per circa 150 km, sorvolando
            e fotografando l’altopiano, per poi tornare a sorvolare il piccolo accampamento
            su cui lanciano un messaggio con l’esito della ricognizione e rientrare quindi
            a Cufra. Al di là di un’accurata descrizione del Gilf Kebir, che confermava le
            difficoltà di accesso e segnalava la presenza di una scarsa vegetazione in due
            uadi interni, null’altro era emerso. Nessuna traccia della spedizione britannica, e
            anche Rolle, quando nei giorni seguenti si spinse a sud costeggiando in territorio
            egiziano il limite occidentale dell’altopiano, una muraglia continua con pochi e
            malagevoli passaggi, non avrebbe stabilito alcun contatto, pur trovando le tracce
            lasciate dalla spedizione di Almásy della primavera precedente.
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               L’ungherese, ormai assiduo frequentatore del deserto occidentale e sempre
            alla  ricerca  della  città  perduta  di  Zerzura,  sarebbe  tornato  a  percorrere  la
            regione nei primi mesi del 1933 e questa volta avrebbe incontrato la missione
            dell’Istituto Geografico Militare di Firenze guidata, da un ufficiale degli alpini,
            il capitano Oreste Marchesi, della quale faceva parte lo scienziato e zoologo
            conte  Lodovico  di  Caporiacco.  Il  nobile  friulano,  già  compagno  nel  1929  di
            Ardito Desio nella spedizione del duca di Spoleto nella catena del Karakorum,
            raggiunse la missione Marchesi a Cufra il 16 febbraio 1933, con un’autocolonna
            partita da Gialo una settimana prima. Marchesi si trovava in zona già da tre mesi
            con il compito di procedere al rilievo in scala 1:100.000 delle oasi e di altri punti
            notevoli, come il Gebel Archenu e il Gebel Auenat, e in scala 1:400.000 di tutto
            il territorio attorno a Cufra, nonché di localizzare al suolo il 25° meridiano est
            e il 22° parallelo nord, che segnano il confine egiziano-libico. Non era la prima
            volta di uno scienziato italiano nel Sahara, nel 1926 il geologo Ardito Desio
            aveva studiato il territorio della Marmarica e la regione di Giarabub, da poco
            sotto controllo italiano, nel 1930 era stata la volta della Sirtica e della Cirenaica,
            nel 1931, su incarico dell’Accademia d’Italia, aveva attraversato il Fezzan con



            135   Comando della Sottozona Militare di Cufra, Ufficio Presidio, Ricognizione zona a cavallo 25°
               meridiano, s.i.d., riportato in R. CHIARVETTO et al., In volo su Zerzura op. cit., p. 163-165.


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