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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”
Cufra il mattino dopo con 250 litri d’acqua, quattro galline vive, qualche cesto
di uova e una cassa di Chianti. Al rientro al campo, opportunamente battezzato
da quel giorno Campo Chianti, lo attendeva una notizia sensazionale. Durante
la sua assenza, il 28 aprile, Penderel e Clayton-East-Clayton avevano rilevato la
presenza di vegetazione in due profondi uadi e l’esploratore ungherese si illuse di
essere a un passo da una scoperta eccezionale, ma le ulteriori ricerche condotte
nel 1933 dallo stesso Almásy non portarono alla scoperta di alcuna oasi, e tanto
meno dei resti di una città, anche se proprio nel Gilf Kebir vennero individuati
alcuni importanti siti di incisioni rupestri.
Robert Clayton-East-Clayton, nessuna reazione di parentela con Patrick
Clayton, morì improvvisamente il 2 settembre 1932. La moglie Lady Dorothy,
rimasta vedova dopo pochi mesi di matrimonio, volò in Egitto nel 1933 per
riprendere le ricerche del marito. Acquistate due Ford A e accompagnata da
Clayton, raggiunse Siwa e Cufra, dove rimase molto colpita dall’ospitalità degli
ufficiali italiani, e sulla via del ritorno si addentrò a sua volta nel Gilf Kebir.
Il fatto che nello stesso anno due diverse esplorazioni, quella di Almásy e
quella di Lady Dorothy Clayton-Est-Clayton, riuscissero a penetrare via terra
nell’altopiano fu un’ulteriore conferma delle capacità della Ford A, e della libertà
di movimento che gli automezzi offrivano anche in terreni apparentemente
impraticabili. Quanto ad Almásy, i cui rapporti con la nobildonna inglesi erano
tanto tesi che evitarono accuratamente di incontrarsi, il suo ritorno nella regione
rafforzò i sospetti degli italiani che l’anno prima, pur ospitandolo a Cufra con
grande cortesia, lo avevano schedato come agente britannico. La nomea di spia,
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per l’una o l’altra delle potenze interessate alla regione, avrebbe accompagnato
Almásy per buona parte della sua esistenza, senza impedirgli di muoversi a suo
agio nell’ambiente cosmopolita del Cairo.
Un tale attivismo da parte britannica, nonostante l’apparentemente innocuo
carattere turistico e scientifico delle spedizioni, non poteva non suscitare una
certa preoccupazione nelle autorità italiane, che si affrettarono infatti a procedere
al rilievo di quei territori con l’obiettivo non secondario di stabilire una sorta
di fatto compiuto, in attesa dei negoziati che avrebbero definito una volta per
tutte i confini meridionale e orientale della colonia. Con l’impiego di reparti
coloniali e mezzi aerei, l’Italia diventava così parte attiva, e alla fine vincente,
di una sorta di “grande gioco” che si svolgeva nelle profondità del deserto.
Del resto, secondo i piani, Cufra doveva diventare un importante scalo per i
collegamenti aerei con l’Africa Orientale e costituire al tempo stesso il terminale
delle comunicazioni verso la regione del Lago Ciad, da cui l’importanza attribuita
al conteso “triangolo di Sarra”, incuneato tra il Ciad e la Libia, con il prezioso
128 Ivi, p. 116-117.
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