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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            Un  Caproni  aveva accertato che i fortini di Gatrun e Tegerhi erano  deserti,
            confermando così la sorte dei due presidi, ma non aveva potuto spingersi oltre
            per il repentino peggioramento della visibilità.
               Una caratteristica di questi scontri nelle profondità del deserto era la costante
            della “nebbia della guerra”, resa più fitta dalla bassa efficienza dei collegamenti
            radio,  dalle  limitate  possibilità  della  ricognizione  aerea  e  dalla  rapidità  dei
            movimenti delle formazioni motorizzate. Era lo stesso scenario che si presentava
            nella fascia costiera, dove il fenomeno era comunque presente nonostante la
            relativa maggiore densità degli schieramenti e la minore estensione degli spazi.
            Questa situazione faceva sì che gli scontri fossero quasi sempre combattimenti
            d’incontro, non pianificati o pianificati sommariamente solo nell’imminenza del
            contatto a fuoco. Data la tendenza dei contendenti a condurre il combattimento
            in modo manovrato e sfruttando la velocità dei loro automezzi, le formazioni
            perdevano coesione e si disperdevano, le perdite erano contenute e l’esito non
            era risolutivo, anche se il succedersi degli scontri con l’esaurirsi delle scorte, in
            particolare  di  carburante,  finiva  comunque  col  determinare  un  vincitore.  Gli
            automezzi delle due parti si muovevano per portarsi in posizione favorevole
            rispetto all’avversario di turno sollevando enormi nubi di polvere e sabbia e
            facendo fuoco con le armi di bordo nelle rare finestre di opportunità. In questo
            prolungato carosello i contendenti esaurivano rapidamente possibilità e capacità,
            e dovevano ritirarsi per rifornire i serbatoi, ripianare le scorte e riparare i danni,
            tutte attività che richiedevano agli uomini un ulteriore sforzo e lasciavano loro
            poco tempo per recuperare le energie. La vittoria era una sorta di “vittoria ai
            punti” e andava alla parte in grado di tenere il campo più a lungo e quindi di
            restare in controllo del terreno del combattimento, con la possibilità di recuperare
            i mezzi danneggiati e immobilizzati. Nella guerra del deserto un esito risolutivo
            poteva aversi solo se una delle due parti aveva una decisa superiorità in termini
            di capacità di manovra, o se i contendenti rimanevano in contatto continuando
            a colpirsi finché uno dei due non cedeva, in una sorta di replica tecnologica e
            dinamica delle battaglie d’attrito della Grande Guerra.

               Il 1° marzo due Westland Lysander della Francia Libera si erano intanto portati
            sul campo di fortuna di Uigh el-Chebir, con l’obiettivo di garantire una qualche
            copertura alle  pattuglie  motorizzate,  presto  raggiunti  dal resto  dell’Escadrille
            Rennes,  mentre  la  Nantes preparava i suoi  bombardieri per un’incursione  su
            Murzuch  pianificata  per  l’indomani.  Nonostante  la  cattiva  visibilità  e  il  forte
            vento i 3 bimotori decollarono isolatamente tentando di portare a termine il
            loro  compito,  e  almeno in parte  vi  riuscirono.  Le  fonti  italiane  confermano
            infatti  che il 2 marzo  velivoli avversari  isolati sganciarono  qualche bomba
            sull’aeroporto di Murzuch alle 10:20, su Brach alle 10:47, su Sebha alle 11:00,
            attacchi che possono essere  ricondotti con certezza ai Glenn Martin della


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