Page 297 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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La Difesa DeL sahara Libico (1940-1943)


            e  delle  caratteristiche  dell’avversario,  particolarmente  incline  ad adottare
            soluzioni non convenzionali, portava infatti a una conclusione inequivocabile:
            «Questo tipo di guerra di corsa particolarmente adatto ai mezzi ed alla mentalità
            britannica dovrà essere per l’innanzi considerato normale nelle nostre retrovie
            vicine e lontane».
               In funzione di una dimensione “navale” della guerra  nel deserto, una
            dimensione che a suo tempo avevano ben compreso gli ufficiali italiani impegnati
            in operazioni di counterinsurgency, era essenziale un elevato livello di mobilità dei
            reparti, ma a tal proposito, nonostante quanto si era fatto e si stava cercando
            di fare per i reparti sahariani, il livello generale rimaneva insoddisfacente. La
            comparsa della Forza Z nei pressi di Gialo, segnalata già durante la notte del 15
            settembre, aveva portato DELEASE alla decisione di organizzare una colonna
            di soccorso, il cui comando era stato affidato al generale di brigata Giovanni
            D’Antoni, comandante della fanteria della  Divisione  Pistoia,  ma raccogliere
            le  forze necessarie  aveva richiesto  tempo.  Composta dal comando e  da due
            battaglioni del 35° Reggimento Fanteria  della  Pistoia, dal LVII Battaglione
            Bersaglieri Complementi, da uno squadrone autoblindo del Gruppo Esplorante
            Corazzato  Monferrato,  appartenente  alla Divisione  Corazzata  Centauro,  da un
            gruppo di artiglieria su due batterie da 75/27, da un plotone carri M14/41 e
            da una batteria semoventi  da 75/18,  la colonna  era partita  da Agedabia a
            mezzogiorno del 19 settembre.  Si trattava di un complesso di 3000 uomini
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            con 138 autocarri, 8 veicoli speciali, 21 autoblindo, 5 semoventi, 4 carri armati,
            16 cannoni e 20 mitragliere. Il terreno da percorrere tra Agedabia e Gialo non
            era particolarmente difficile, Lodovico di Caporiacco, che aveva seguito lo stesso
            itinerario nel 1932, ne ha lasciato una descrizione che ne sottolineava soprattutto
            la piatta monotonia:
                     […] la pianura è leggermente  ondulata, non  si  può parlare  di colline,  ma
                  tuttavia le ondulazioni così lente che l’occhio le percepisce appena sono sufficienti
                  a nascondere  un’auto. Il terreno è  sempre  più sassoso, grigio, ora  biancastro,
                  compaiono sempre più frequenti zone di sabbia. […] il deserto ha il sopravvento,
                  siamo in pieno serir. È questa la forma di deserto meno nota, ma è una delle
                  forme più diffuse e caratteristiche, si tratta di pianure talvolta estese centinaia
                  di chilometri,  spesso  completamente  piatte, a volte  accidentate con larghe
                  ondulazioni. Il terreno è una superficie unita di ghiaia minutissima, fatta di granelli
                  multicolori grossi come chicchi di riso o lenticchie per lo più arrotondate. Qua
                  e là emergono sassi più grandi, spesso con spigoli acuti molto pericolosi per le
                  ruote delle auto. 168
               Il nobile friulano aveva però viaggiato su una pista in buone condizioni e a


            167   M. MONTANARI, Le operazioni in Africa Settentrionale, Vol. III, El Alamein (gennaio-novembre
               1942), Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito, 1987, p. 645-646.
            168   F. FOLISI, Italiani nel Sahara op. cit., p. 35, 38.


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