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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            avere sulla linea del fronte, dove la RAF utilizzava velivoli di prestazioni ben
            superiori. Nelle parole del comandante del 15° Stormo d’Assalto, se il biplano
            FIAT era poco idoneo alla scorta dei convogli navali, per la scarsa velocità e la
            limitata autonomia, era invece senz’altro adatto per azioni di mitragliamento e
            bombardamento contro automezzi, accampamenti e depositi, tutti bersagli nei
            confronti dei quali l’armamento principale, costituito da due mitragliatrici calibro
            12,7 mm, si dimostrava più che sufficiente per avere ottimi risultati: «Ai primi tre
            o quattro colpi le camionette che non hanno blindatura bruciano e dopo raffiche
            di 10-15 colpi attendamenti e depositi saltano con facilità». Questi interventi, per
            quanto spesso coronati dal successo e temuti dall’avversario, non erano però né
            semplici nell’esecuzione, né privi di rischi:
                     Il nemico si difende tingendo i propri mezzi color sabbia, portandoli nelle
                  anfrattuosità degli uadi, mimetizzandoli nelle zone d’ombra, nascondendoli nei
                  cespugli e coprendoli con reti mimetiche. In questo modo l’offesa deve essere
                  arrecata dalla quota minore possibile, offrendo così al nemico facile bersaglio con
                  l’apparecchio.
               Era  un mortale gioco a  rimpiattino che richiedeva  una grande  attenzione
            e  una  notevole  determinazione,  nonché  il  ricorso  a  soluzioni  specifiche  per
            quel tipo di impiego. Al riguardo Colacicchi richiamava la sua decisione di far
            montare sui velivoli un traguardo di puntamento a visuale libera, più adatto per
            azioni di mitragliamento a bassa e bassissima quota del collimatore a riflessione
            tipo San Giorgio in uso  sui velivoli da caccia.  Dalla relazione emerge  poi il
            problema delle comunicazioni, sia di terra che terra-bordo-terra, un problema
            che finiva inevitabilmente per condizionare non solo l’azione di contrasto alle
            forze  speciali  britanniche,  ma  più  in  generale  tutta  l’operatività  della  Regia
            Aeronautica, soprattutto riguardo alla cooperazione con le forze di superficie,
            e che può senz’altro spiegare, per quanto Colacicchi non lo dica espressamente,
            il fatto che  all’intervento  dell’aeronautica  non si  accompagnasse  quasi  mai
            l’intervento dell’esercito, impedendo il concretizzarsi del binomio “ali e motori”
            di fondamentale importanza nella guerra del deserto. La questione era non solo
            di natura tecnica ma anche di carattere “culturale” e addestrativo, e forse proprio
            per questo ancora più difficile da risolvere:
                     Le linee telefoniche non funzionano perché la trecciola il più delle volte è
                  stesa per terra e l’umidità della notte provoca numerosi contatti che isolano le
                  linee. Gli apparecchi telefonici sono aggiustati con mezzi di fortuna da personale
                  non molto competente per cui non si ottiene mai quella celerità e sicurezza di
                  collegamento che in campo operativo è indispensabile.
                     Sui collegamenti radiofonici non si può fare alcun affidamento. Infatti dal volo
                  di trasferimento dall’Italia all’A.S. si è tentato di mettere in pratica l’addestramento
                  fatto svolgere ai piloti e specialisti, nella sede di Vicenza, senza ottenere alcun
                  risultato pratico.


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