Page 289 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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La Difesa DeL sahara Libico (1940-1943)
tra il personale della marina e del battaglione del Reggimento San Marco che era
stato l’anima della difesa, e 15 morti e 43 feriti tra i reparti dell’esercito, mentre
i tedeschi lamentarono un morto e 7 feriti. Il generale Ugo Cavallero, capo
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di stato maggiore generale italiano, avrebbe definito l’incursione una Dieppe
africana, con riferimento al raid dall’esito altrettanto disastroso tentato sempre
dai britannici meno di un mese prima, il 19 agosto, contro quel porto della
costa francese della Manica, ma a prescindere da questo paragone l’operazione
Agreement dimostrò che azioni di questo tipo avevano scarsa probabilità di
riuscita contro un avversario determinato e in allarme. Un’ulteriore conferma
fu data dall’insuccesso dell’operazione Nicety, diretta contro l’oasi di Gialo con
l’obiettivo di impadronirsene per coprire il rientro via terra di parte delle forze
impegnate contro Bengasi e Barce, e crearvi una base avanzata da cui agire contro
la Via Balbia. La guarnigione italiana contenne senza troppe difficoltà l’attacco
lanciato il giorno 16 dalla Forza Z, proveniente da Cufra e composta da circa 200
uomini della Sudan Defence Force. Visto ormai compromesso l’intero piano
d’azione, attaccata dal cielo con insistenza nelle giornate del 16 e soprattutto del
17 settembre, e minacciata dall’avvicinarsi da Agedabia di una colonna mobile,
la Forza Z tolse l’assedio già il 19 settembre, e il presidio fu definitivamente
sbloccato il 21 dall’arrivo della colonna di soccorso.
L’unico successo fu ottenuto dalle pattuglie “G1” e “T1” del LRDG alle quali
era stato affidato il compito di attaccare l’aeroporto di Barce e le installazioni
militari della zona con l’ordine di creare la massima confusione. All’operazione
era stato dato il nome in codice di Caravan. Agli ordini del maggiore John Richard
Easonsmith le due pattuglie, forti di 47 uomini montati su 12 autocarri Chevrolet
30-cwt e 5 jeep, si mossero dall’oasi egiziana di el-Fayum il 2 settembre, potendo
contare sull’aiuto di due guide libiche e sul supporto informativo assicurato nella
zona dell’obiettivo da elementi indigeni legati alla confraternita dei senussi. Alla
spedizione era poi aggregato il maggiore belga di origini russe Vladimir Peniakoff,
che vantava una ultradecennale frequentazione del deserto occidentale e aveva
curato il reclutamento e l’addestramento degli agenti informatori libici. All’alba
del 13 gli uomini Easonsmith si accamparono nel gebel in località Benia, 24 km
a sud di Barce, mimetizzando gli automezzi tra la vegetazione, senza peraltro
sfuggire alla ricognizione aerea italiana. La loro presenza fu infatti segnalata da
un Ca.311 della 131 Squadriglia del 66° Gruppo O.A. che, nel dare l’allarme,
a
determinò un rafforzamento delle misure di sicurezza già in atto non solo nel
Gebel Achdar ma in tutta l’area compresa tra Derna a nord-est e Agedabia-
Gialo a sud-ovest. Di questo Easonsmith non poteva essere a conoscenza, ma
a preoccuparlo fu certamente il mancato ritorno dei due agenti libici, inviati a
158 Diario Storico del Comando Supremo, Vol. VIII, Tomo I, Parte Prima, USSME, p. 140.
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