Page 122 - ATTI 2021 - IL MILITE IGNOTO
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120        Il Milite Ignoto: sacrificio del cittadino in armi per il bene superiore della Nazione




            ra avessero perduta la loro efficacia. Viani racconta con i tratti violenti della matita,
            del carboncino o del pennello quello che esprime anche a parole: «L’esser vivo no-
            nostante che tutto intorno sia morte, distruzione, disperazione, sangue, solitudine,
            l’inverno dell’anima, mucchi di cadaveri, immagini di cimiteri, croci e lapidi». 9
               Tratteggia a carboncino tutto ciò che trae origine dalle marce, dalle veglie ai
            posti di vedetta, dai ricordi dei combattimenti: «Noi veniamo dal Carso, il sangue
            rovente, la gola secca: gli occhi vedono ancora il pietraio bruciato dagli scoppi
            improvvisi e violenti [...] Giù, su una piana stretta e lunga scavata di fresco c’è il
            cimitero: è un solco rosa scaldato dal primo sole. I soldati, stanchi, pensano che
            sarebbe bello dormire laggiù, fra quel tepore dolce e per sempre». 10
               L’artista realizza ritratti su supporti, spesso di scarto, che è possibile recuperare
            al fronte, qualunque superficie in grado di sostenere il tratto del carboncino, della
            matita o le incisioni delle stecche dell’ombrello, qualunque cosa potesse servire:
            carte da imballo delle cartucce, tele ottenute da asciugamani d’ordinanza e da tessu-
            ti recuperati, legni, eternit, carte catramate che servivano per imballare le bombe. 11


            I monumenti
               Durante gli anni di guerra erano diventati una comune condizione il senso
            di perdita e il dolore vissuti al livello privato dalla famiglia e collettivo da parte
            di associazioni e comunità. La guerra veniva espressa anche in un linguaggio
            visivo della morte, del lutto. Le immagini e i monumenti utilizzavano un codice
            linguistico che ritornava spesso al sacro, rielaborandolo, e ai simboli che avevano
            tradizionalmente raffigurato l’eroe, il martire, il combattente.
               Era abituale tornare a simboli religiosi per esprimere l’enorme catastrofe della
            guerra, la sofferenza che ne derivava spesso cancellandone l’orrore, eroicizzando
            ed esaltando il soldato caduto.
               Negli anni del dopoguerra si ebbe, secondo Mario Isnenghi, una vera e pro-
            pria «campagna monumentale di massa». 12



            9    Boncompagni Ilaria: Perché la mostra ..., in La grande guerra di Lorenzo Viani, cit., p. 15.
            10   Viani Lorenzo: Il romito di Aquileia, [a cura di Amelio Vivaldi, prefazione di Giulia Giorgetti
               Viani], Sarzana, Zappa, [dopo il 1962], p. 62.
            11   Boncompagni Ilaria: op.cit., p. 15.
            12   Isnenghi Mario: Alle origini del 18 aprile: miti, riti, mass media, in «Rivista di Storia contempora-
               nea», 1977, n. 2, p. 218.
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