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226 Il Milite Ignoto: sacrificio del cittadino in armi per il bene superiore della Nazione
Una battaglia dai tanti nomi
I loro corpi giacciono nel Sacrario Militare di Oslavia. Riposano l’uno vicino
all’altro a partire dal sacello numero uno, aprendo il lungo silenzio che percorre
le 57.201 salme dei Caduti italiani e le 539 di quelli Austro-Ungarici, esumati dai
vari cimiteri di guerra sparsi dall’Altipiano della Bainsizza al Vipacco.
Sono i Carabinieri che il 19 luglio 1915 tentarono l’assalto al Monte Podgora,
un’altura che costituiva un’importante testa di ponte austriaca sulla riva destra
dell’Isonzo e che divideva le truppe italiane dalla città di Gorizia, affrontando la
drammatica prova, nonostante non fossero addestrati ed equipaggiati per l’im-
piego come fanteria di linea; i più coraggiosi si offrirono volontari per aprire i
varchi nei reticolati nemici. In poche ore furono oltre 200 i Caduti, i dispersi e i
feriti, senza distinzioni di grado. La città, il maggior centro abitato “irredento”
subito a ridosso del confine orientale, costituiva un importante snodo stradale
e ferroviario dell’Impero asburgico, in particolare verso il mare. Per tale azione
di guerra furono concesse ai Carabinieri 9 Medaglie d’Argento, 33 Medaglie di
Bronzo e 13 Croci al Valor Militare.
Seppur si tratti di una battaglia nota nelle sue diverse fasi ed oggetto di
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12 Il Diario Storico-Militare del Reggimento Carabinieri Reali individua come compito iniziale
affidato il garantire “la sicurezza e la difesa del Comando Supremo […] ed anche dell’Inten-
denza Generale, qualora gli alloggiamenti di questa fossero disposti nella medesima località
ove risiede il Comando Supremo”. Quindi, due dei tre battaglioni furono messi a disposizio-
ne insieme al comando del reggimento ed alla bandiera, per un mese (5 luglio-6 agosto), del
Comando del 6° Corpo d’Armata, andando a sostituire il 36° Fanteria che a Lora Podgora
lasciava a disposizione dei Carabinieri le sue due sezioni mitragliatrici. Il reparto fu così im-
piegato per la costruzione e il rafforzamento delle trincee avanzate, mentre si dovette aspet-
tare qualche giorno per vederlo impiegato in combattimento. Tra i vari compiti assegnati al
reparto per l’assalto previsto per il 19 luglio era anche stabilita “una sortita […] per danneg-
giare più che possibile il reticolato”. Un plotone di 20 uomini (10 genieri e 10 carabinieri, al
comando di un ufficiale del genio) cercò di distruggere parte del reticolato con l’esplosione
dei tubi e la perdita di due militari (uno per arma). Successivamente venne stabilito il con-
corso dei due battaglioni Carabinieri all’azione del 12° Fanteria nell’avanzata. Nel contempo
la situazione igienico-sanitaria si mostrava sempre più delicata tanto che lo stesso 18 luglio
furono quattro i decessi causati da “gastro-enterite di carattere sospetto, con conseguente ra-
pido [sic] di deperimento organico”. Il giorno dopo la “forza combattenti” era di 28 ufficiali
e 1236 militari di truppa, con l’esclusione dei caduti e dei feriti da colpi isolati o nelle prime
azioni e dei militari che avevano contratto l’infezione. Il 19, giorno dell’assalto con obiettivo
quota 240, i due battaglioni carabinieri furono rinforzati da un battaglione del 36° Fanteria.
Dopo quattro ore di inutili tentativi di oltrepassare le trincee nemiche e raggiungere l’obiet-